Roma , venerdì, 14. ottobre, 2022 18:00 (ACI Stampa).
“In cielo le stelle/son come persone belle”. La citazione non è esatta, è a memoria, non ce ne voglia l’autrice, ma è una delle immagini che ci sono rimaste impresse dopo aver letto le poesie raccolte sotto il titolo più che mai appropriato di "Leggerezza", poesie di Simona Mancini, pubblicate recentemente dalla casa editrice Il Leggio.
Di poesia e di leggerezza abbiamo davvero bisogno, attraversando tempi cupi e senza certezze. Queste poesie sono state composte a partire dalle lunghe giornate del lockdown della primavera del 2020, quindi nel pieno della prima ondata pandemica. In un’atmosfera straniante, sospesa, angosciante l’autrice ha saputo trovare un sottile filo conduttore da dipanare lungo quelle ore apparentemente ferme e svuotate, riportando in luce, come se avesse esplorato luoghi nascosti che raggiungere attraverso mappe da decifrare, in cui ritrovare tesori dimenticati: i piccoli gesti di affetto e di vicinanza, il gusto di stare insieme magari nello spazio di una cucina, o di un minuscolo giardino, tra fiori e frutti gustati con gioia, rievocando, appunto, giorni di un’infanzia fatata, tutta intessuta della felicità delle piccole cose che tanta grande poesia di fine Ottocento e del Novecento ci hanno donato.
In questo viaggio a ritroso, incontriamo isole vaganti, coperte di un velo sottile di nebbia ma poi d’improvviso tornate alla luce piena, approdando tra i grandi miti greci, latini e di altre grandi civiltà antiche, le storie legate a paesi, campagne, boschi, mari…e poi i nomi, appunto, della nostra migliore tradizione poetica. Nomi come quelli di Gozzano, Pascoli, Corazzini, Saba e tanti altri.
Un bagaglio che ci portiamo dietro ma dentro il quale dimentichiamo spesso di guardare…E questo tempo strano, appartato forzatamente, per chi, come la Mancini, ha saputo fermarsi e coglierlo come un’opportunità, non solo una disgrazia, una sciagura, ha certamente offerto il ritorno a queste isole felici, in cui ritrovare radici, forza, motivazioni. La scelta stilistica delle rime offrono a queste composizioni poetiche l’andamento della filastrocca, del ritmo incantatorio – vera radice del verso – e quello, in controluce, della preghiera tradizionale, ormai quasi del tutto dimenticata. Invece, queste brevi storie, illuminazioni, anche preghiere, riportano il lettore a quella "leggerezza", levità, fantasia che non sono affatto sinonimo di superficialità, banalità, ripetitività. Tutt’altro. La leggerezza scende con levità e si trasforma in lampo di luce che mostra ciò che ormai non siamo più abituati a vedere. Le stelle in cielo, sì, sappiamo che ci sono, ovviamente, ma quante volte alziamo la testa per contemplarle, anche solo per un attimo? La poesia, in qualche modo, ci “costringe” a farlo, e in quel gesto, alzare la testa in su, distogliere lo sguardo dalle solite cose di cui sono ingombrati i nostri giorni, ci libera, ci da’ sollievo, ci fa comprendere di quale impeto è davvero colmo il nostro cuore.
Leggendo questi versi semplici, ricchi di “ricordanze”, come diceva Leopardi, ossia di lievi tocchi che fanno vibrare corde profonde del nostro mondo interiore, ci è anche tornato alla memoria un libro di diversi anni fa, diventato un vero e proprio classico, che qualche anno fa è stato ripubblicato. Parliamo del saggio "La poesia salva la vita", di Donatella Bisutti, in cui viene rievocato il potere salvifico, appunto, del verso, dai tempi di Omero fino i nostri, in cui la poesia sembra essersi smarrita tra le blaterazioni sincopate del rap, o trap e facsimili, oppure rifugiata in torri eburnee di incomprensibilità, astrazione, formalismi o aridità sterili.