La beata, membro dell’Ordine trinitario secolare, era devotissima della Passione di Cristo e ne teneva l’effige dentro la propria abitazione.
Spesso si recava a San Carlino per pregare e mettersi nelle braccia delle fede per vivere il proprio giorno.
Nel tempio conobbe la spiritualità dei religiosi, fondati da San Giovanni de Matha per la redenzione degli schiavi, prendendo lo scapolare che la rendeva parte integrante della famiglia trinitaria.
Vivendo un matrimonio difficile e duro per il carattere del marito, la donna non si è spaventata di fronte a nulla ma ha messo nelle mani del Padre quel quotidiano che parla di sofferenza.
Il 7 luglio 1816 la futura beata, in una locuzione interiore, sente che in quel giorno il Signore sarebbe entrato nella propria casa. Diverse ore dopo il sacerdote don Andrea Felici andandola a trovare le dona la piccola miniatura.
Gli occhi del piccolo ritratto hanno visto il dolore e le difficoltà della Beata Elisabetta visitandola nelle varie necessità per portare avanti, da sola, il matrimonio.
La donna ha abbracciato la propria croce con amore e spirito di vera pietà.
Ha pregato a lungo per la conversione del marito Cristoforo tanto che, dopo la sua morte, si è convertito divenendo terziario trinitario, frate francescano e sacerdote. Merito di Dio e dell’amore oblativo della beata.
Da quel giorno, diversi sono stati i prodigi operati dal Signore, per il tramite dell’effige.
Le fonti ricordano anche la guarigione del Pontefice Pio VII.
Dal 1994 – anno della beatificazione di Elisabetta Canori Mora - il ritratto è collocato accanto alla tomba della beata ed aspetta tutti coloro che, in un momento delicato della vita, portano la propria vita nelle mani di Dio.
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