Ginevra , martedì, 24. novembre, 2015 12:00 (ACI Stampa).
Santa Sede e Comitati ONU, atto terzo. Dopo i due rapporti presentati al Comitato ONU per la Convenzione dei Diritti del Fanciullo e al Comitato ONU per la Convenzione contro la Tortura, la Santa Sede presenta il 24 e 25 novembre il suo rapporto periodico sulla Convenzione per l’Eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (CERD). Si tratta di un rapporto periodico, e il comitato esprime niente più che suggerimenti, senza alcuna necessità di dar loro seguito. Eppure, attraverso la grancassa mediatica data a questi rapporti, la Santa Sede viene colpita nel cuore della sua istituzione.
In questo caso, la possibilità è che il Comitato ONU concentri le domande su temi come l’ordinazione delle donne, l’omosessualità e il gender. Ad onor del vero, le domande sulla possibile ordinazione femminile non rientrerebbero nelle discriminazioni razziali “tout court”. Ma la possibilità è quella di allargare l’interpretazione, e utilizzare il concetto di razza come sinonimo di gender. Se così fosse, anche le questioni sulla presunta “omofobia” della Chiesa – eppure c’è un documento della Congregazione della Dottrina della Fede sulla pastorale per le persone omosessuali che risale addirittura al 1984 – o sul gender verrebbero inserite.
E poi, gli osservatori vaticani notano la possibilità si facciano domande sul ruolo della Chiesa sul genocidio in Rwanda (ha preso posizione in favore di qualche etnia?), sul sistema delle caste in India, persino sulla colonizzazione o sugli indigeni, o su come le Crociate abbiamo compiuto discriminazione razziale.
Un calderone di temi che non c’entrano molto con il rapporto né con la convenzione, la cui applicazione – vale la pena ricordare – riguarda semplicemente il territorio dello Stato di Città del Vaticano.
I comitati ONU, però, sembrano trascurare la questione. Nelle due precedenti riunioni, le convenzioni furono usati grimaldelli per criticare la politica della Santa Sede nella riposta agli abusi, addirittura nel chiedere la rimozione del segreto della confessione e nel mettere in discussione il diritto canonico. Erano chiaramente attacchi alla sovranità della Santa Sede, che andavano al cuore del modo in cui veniva gestito il fatto religioso, piuttosto che di come veniva messa in pratica la Convenzione. Succederà così anche stavolta?