Grottaferrata , martedì, 27. settembre, 2022 14:00 (ACI Stampa).
Per la comunità dell’Abbazia Esarchica di Santa Maria in Grottaferrata, la solennità di San Nilo è solennità importante, perché è la festa del fondatore dell’abbazia. Ma è anche la festa di un monaco eremita, partito da Rossano, in Calabria, per arrivare fino a Roma, venerato come santo sia dagli ortodossi che dai cattolici, motivo per cui viene additato dal Cardinale Leonardo Sandri, prefetto del Dicastero delle Chiese Orientali, come un esempio di unità.
Il Cardinale ha celebrato ancora una volta la solennità di San Nilo in una Divina Liturgia in rito bizantino nell’abbazia il 26 settembre, a Grottaferrata. Rivolgendosi ai monaci di San Nilo, ha sottolineato che l’autentico monachesimo non può che mostrare sul volto dei suoi discepoli la luce del Risorto, e in quanto tale essere quasi incarnazione vivente della parola di Gesù nell’Ultima Cena, Ut Unum Sint.
Il Cardinale ammonisce affinché “non capiti che le comunità monastiche diventino centri di rigida intransigenza da cui vengono diffusi anatematismi al mondo intero, o ostacolo a tutti quei passi che in questi anni guide profetiche e sagge hanno voluto compiere gli uni verso gli altri” E sottolinea che la tunica dell’unità oggi la vediamo “quasi del tutto lacerata proprio nel mondo delle Chiese bizantine non in comunione con Roma, fatto che fa soffrire anche noi e che ci impone un ulteriore supplica al Signore perché volga lo sguardo dal cielo, veda e visiti la vigna che egli ha piantato, e la ricolmi della sua benedizione”.
Il prefetto del dicastero per la Chiese Orientali sottolinea che “gli atteggiamenti del cuore del monaco che sente l’anelito per l’unità della Chiesa e soffre quando essa è ferita, offrendo la propria preghiera e il proposito di una continua conversione, non sono però semplice sforzo umano o buona volontà, ma frutto dello Spirito”.
Il Cardinale Sandri, sulla scorta di San Paolo, chiede “un esame di coscienza sul nostro modo di essere discepoli ogni giorno, su quei desideri che contrastano con la sequela di Cristo e su quelle tensioni frutto di invidia che nelle comunità cristiane e monastiche possono seminare divisione o scandalo”. Allo stesso tempo, però San Paolo parla di “frutto dello spirito”, cosa che fa sì che “la domanda iniziale non è dunque su come si manifesta il nostro peccato o la nostra miseria, ma sulla radice di essa, a quale acqua di cisterne screpolate divenuta insana ci dissetiamo”.