Karaganda , martedì, 6. settembre, 2022 16:00 (ACI Stampa).
Papa Francesco a Nur-Sultan, capitale del Kazakhstan, per un viaggio apostolico dal 13 al 15 settembre, in occasione del VII congresso dei leaders delle religioni del mondo e tradizionali, come annunciato dal direttore della sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni: “Accogliendo l’invito delle autorità civili ed ecclesiali, papa Francesco compirà l’annunciato viaggio apostolico in Kazakhstan, visitando la città di Nur-Sultan in occasione del VII Congress of Leaders of World and Traditional Religions”, con il motto ‘Messaggeri di pace e di unità’.
Per comprendere meglio il viaggio apostolico del Papa abbiamo contattato il vescovo di Karaganda, mons. Adelio Dell’Oro, per farci raccontare l’attesa del popolo per l’arrivo del papa: “Quando, 21 anni fa, per la prima volta, un papa di Roma, san Giovanni Paolo II, venne in Kazakhstan, la curiosità e l’attesa del popolo di questo Paese erano vivissime. E ricordo che tutti apprezzarono la sua decisione e il suo coraggio di compiere questa visita nonostante, pochi giorni prima, tre aerei, in un tragico attentato, si fossero schiantati due sulle torri gemelle a New York e uno sul Pentagono a Washington. Pochi, allora, in questo Paese sapevano chi fosse il capo dei cattolici nel mondo, come pochi in occidente sapevano dove si trovasse il Kazakhstan. Per questo ci fu una grande mobilitazione per incontrarlo, anche da parte di molti non cattolici.
Ora la situazione è molto cambiata; internet e la globalizzazione hanno reso il nostro mondo un piccolo villaggio in cui si può sapere di tutto in tempo reale e ed è annullata ogni distanza geografica. Per questo, a me pare, che questa attesa, che pure c’è, soprattutto da parte delle autorità statali, sia oggi un po’ meno viva. Però posso dire che cosa attendiamo noi cattolici dalla venuta di Papa Francesco. Ci attendiamo un’importante indicazione per la presenza e la testimonianza di noi cattolici in questo Paese, all’80% di tradizione musulmana.
La fede cristiana, nella forma cattolica, qui in Kazakhstan (allora faceva parte dell’Unione sovietica), per circa 60 anni è stata comunicata nella quasi totale assenza di sacerdoti e perciò dei Sacramenti, se si eccettua il Battesimo, che veniva per lo più amministrato clandestinamente dalle ‘nonne’ [бабушки] ai propri nipoti. Molto significativa, per esempio, insieme a quella di tanti altri credenti, è stata la presenza e l’attività missionaria di Gertrude Detzel, che, dopo la deportazione, ha trascorso 13 anni nell’esercito del lavoro e nel lager, e che dopo la liberazione ha vissuto a Karaganda per circa 15 anni, radunando la gente e organizzando comunità cristiane clandestine. Il 15 agosto dello scorso anno è stato aperto qui a Karaganda il processo canonico diocesano per la sua beatificazione.
Durante l’epoca sovietica non c’erano strutture ecclesiastiche. Poi sono apparsi dei sacerdoti semiclandestini, sopravvissuti ai lager, tra cui il beato Władysław Bukowiński, beatificato l’11 settembre 2016 a Karaganda, o arrivati dalla Lituania. Dopo il 1991, con la dissoluzione dell’Unione sovietica e la nascita del Kazakhstan come stato indipendente, come tutte le altre religioni, anche la Chiesa cattolica è potuta venire alla luce dal sottosuolo; sono stati invitati sacerdoti e suore dalla Polonia, Germania, Slovacchia, ecc. e si sono potute costruire, insieme agli edifici di culto, anche le strutture ecclesiastiche”.