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L’umiltà ci colloca dalla parte della verità. XXII Domenica del Tempo Ordinario

Il commento al Vangelo domenicale di S.E. Monsignor Francesco Cavina

Gesù discute con i farisei |  | pubblico dominio Gesù discute con i farisei | | pubblico dominio

In questa domenica troviamo Gesù invitato a pranzo a casa di un fariseo. Gesù, da acuto osservatore, si diverte ad osservare con quanta preoccupazione gli ospiti cercano di occupare i posti d’onore. Allora, racconta una parabola dove condanna questa spasmodica ricerca dei primi posti. E offre un consiglio: “Quando sei invitato a nozze, non metterti al primo posto”.

Si tratta sicuramente di un criterio di cautela per evitare di subire l’umiliazione di dovere cedere il posto a qualcuno più importante. Tuttavia, la ragione più profonda nasce dall’esempio di Cristo. Egli il Figlio di Dio, Dio da Dio, ci ha dato l’esempio di che cosa significhi scegliere l’ultimo posto. Infatti, non solo ha accettato di rivestire la fragilità della condizione umana, non solo ha assunto le funzioni dello schiavo lavando i piedi ai suoi discepoli, ma ha anche accettato di sottomettersi all’umiliazione della morte in croce. Proprio perché egli ha fatto della sua vita un servizio il Padre gli ha chiesto di passare più avanti e lo ha collocato alla Sua destra con la resurrezione.

Cristo, attraverso la parabola che racconta, propone al cristiano di imitarlo e di assumere l’umiltà come stile di vita. I maestri dello spirito sostengono che l’umiltà è la base, il fondamento di tutte le virtù. Questa affermazione messa al negativo suona così: Ogni vita cristiana se non è radicata in una profonda e vera umiltà non è autentica vita cristiana.

C’è, quindi, un esame di coscienza che siamo chiamati a fare perché come insegna S. Francesco di Sales: “Dalla misura dell’umiltà, si conosce il nostro progresso spirituale.

Ma ora ci chiediamo: “Che cosa è l’umiltà?” L’Umiltà è una virtù morale, cioè il modo concreto di tradurre nella vita le virtù teologali della fede, speranza e carità, che sono i doni con cui Dio ha arricchito la nostra anima nel giorno del Battesimo. Essa, dunque, non va confusa con la modestia o con un basso concetto di se stessi o peggio ancora con una scarsa auto stima.

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Cerchiamo allora di capire in che cosa consiste questa virtù. La virtù dell’umiltà è intimamente legata alla verità. Insegna S. Tommaso d’Aquino che l’umiltà è una virtù che ha certamente sede nella volontà, ma regolata dalla conoscenza. Che tipo di conoscenza?

Da una parte la conoscenza della signoria di Dio e dall’altra la consapevolezza di essere suo dono e sua creatura. Alla luce di quanto affermato potremmo definire l’umiltà come “la virtù che inclina l’uomo a tenere, di fronte a Dio, il posto che gli spetta”.

L’uomo alla luce della rivelazione biblica è un essere in cammino verso l’eternità; è un essere che non dipende da sé, ma deve la sua esistenza ad un Altro, a Dio. E’ creatura di Dio che trova la sua ragion d’essere in riferimento a Lui.

In questa prospettiva umiltà e verità si equivalgono. Agostino afferma: “Si può dire a buon diritto che l’umiltà ci colloca dalla parte della verità e non dalla parte dell’errore” (De Natura et Gratia, 34). Al contrario, l’orgoglio e la superbia comportano sempre un giudizio sbagliato perché portano l’uomo a sostituirsi a Dio.

Gesù, poi, rivolge una parola anche al padrone di casa. Si tratta di una parola rivoluzionaria che contraddice tutti gli usi tradizionali ed invita ad abolire ogni forma di emarginazione: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini…Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”.  Gesù attraverso questo insegnamento insegna che due sono le caratteristiche della fraternità cristiana: la gratuità e l’universalità. Si dona anche a coloro che non sono in grado di contraccambiare.