Rimini , martedì, 23. agosto, 2022 12:30 (ACI Stampa).
“Questo mistero non finisce mai di stupirci, come proprio Don Giussani testimoniò alla presenza di san Giovanni Paolo II il 30 maggio 1998: ‘Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?’ Nessuna domanda mi ha mai colpito, nella vita, così come questa. C’è
stato solo un Uomo al mondo che mi poteva rispondere, ponendo una nuova domanda: ‘Qual vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà se stesso? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio di sé?… Solo Cristo si prende tutto a cuore della mia umanità’.
Così papa Francesco ha scritto nel messaggio ai partecipanti al Meeting dell’Amicizia tra i popoli, in corso a Rimini, incentrato su una frase che mons. Luigi Giussani pronunciò proprio qui nel 1985
sul senso educativo, che papa Francesco ha evidenziato: “E’ questa passione di Cristo per il destino di ciascuna creatura che deve animare lo sguardo del credente verso chiunque: un amore gratuito, senza misura e senza calcoli… Una persona non può fare da sola il cammino della scoperta di sé, l’incontro con l’altro è essenziale. In questo senso, il buon samaritano ci indica che la nostra esistenza è intimamente connessa a quella degli altri e che il rapporto con l’altro è condizione per diventare pienamente noi stessi e portare frutto”.
E’ proprio tale passione educativa che ha permesso a mons. Giussani ad amare, come ha affermato il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, nell’omelia della concelebrazione eucaristica: “L’esistenza di una porta, e per di più stretta, infastidisce uomini come noi, allettati dal facile e dal
rapido, convinti di avere diritto a tutto senza sacrificio, perdendosi davanti alle prime difficoltà. Gesù per primo passerà per la porta stretta del non salvare se stesso, di bere il calice e di amare fino
alla fine. E’ la porta che passa chi ama, chi ha una passione per cui ‘l’istante non è più banalità’, per chi non vuole ‘vivere inutilmente’, come diceva Giussani. La passano i piccoli, i peccatori, i mendicanti della vita, i sognatori che non si arrendono al vuoto dell’amore e alla depressione
escatologica, cioè al vivere senza speranza”.
Il porporato ha fatto un ricordo personale di don Giussani: “Di Giussani ricordo la passione, il desiderio di incontro con l’altro, qualcosa di inesauribile… Aveva una grande attenzione all’altro:
l’incontro non era mai ripetitivo, ma creativo, sempre nuovo. Don Giussani era una presenza viva, mai lontana dalla concretezza della vita. Per questo era credibile”. Don Giussani sapeva alimentare la passione in un incontro generativo: “Si dice che la mia sia la generazione delle passioni tristi; le passioni tristi sono quelle piene di agitazione per l’io, alla fine
individualiste e ora con una grande amplificazione digitale. La passione per l’uomo, al contrario, fa trovare me stesso perché incontro gli altri. L’incontro deve essere sempre generativo. Uscire dalle
passioni tristi e dall’individualismo per trovare se stessi insieme agli altri: questa è la passione per l’uomo”.
Quindi don Giussani è stato il più grande educatore del ‘900, secondo la definizione di Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione: “Un vero educatore non è un angelo; ed infatti lui stesso si definiva mendicante; perché l’educatore mendica il compimento della
propria umanità nell’umanità del figlio; questo è il senso più profondo della parola comunione; che don Giussani ci ha insegnato a vivere!”