Sul tavolo resta sempre la possibilità di un viaggio papale a Kyiv, auspicabilmente (per gli ucraini) prima del viaggio in Kazakhstan stabilito tra il 13 e il 15 settembre.
A dare notizia del colloquio telefonico con il Papa è stato lo stesso presidente Zelensky, che in un tweet ha parlato degli orrori che sta subendo la popolazione ucraina dall'invasione russa del 24 febbraio scorso, esprimendo gratitudine al Papa per le sue preghiere. Poco dopo, sempre in un tweet, l'Ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, ha rilanciato la notizia del colloquio telefonico aggiungendo che "lo Stato e la società ucraini saranno felici di salutare il Santo Padre", auspicando una visita di Francesco a Kiev.
Lo stesso Zelensky, intervenuto lo scorso 22 marzo in hang-out con il Parlamento italiano, aveva aperto il videocollegamento dicendo di aver parlato con il Papa: I due si erano sentiti anche il 26 febbraio due giorni dopo l'attacco russo, e appena dopo la visita di Papa Francesco all’ambasciata russa presso la Santa Sede.
Il Cardinale Parolin sulla diplomazia della Santa Sede
L’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes, dedicato a “La Guerra Grande”, include anche una lunga intervista al Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, che ha spiegato prima di tutto il senso profondo della diplomazia della Santa Sede, universale perché “i rappresentanti pontifici provengono dalle Chiese locali di tutto il mondo”.
Per il Cardinale Parolin, tra l’altro, Papa Francesco è simbolo di una “Chiesa meno eurocentrica” e di “uno sguardo multilaterale rispetto ai problemi internazionali”.
Il senso della diplomazia della Santa Sede nasce dal Vangelo, “annuncio di pace e promessa di pace”, e così la Chiesa, “seguendo l’esempio del suo Signore, crede nella pace, lavora per la pace, lotta per la pace, testimonia la pace e cerca di costruirla. In questo senso è pacifista”.
Riguardo il ricorso alle armi, il Cardinale Parolin nota che “il catechismo della Chiesa cattolica prevede la legittima difesa. I popoli hanno il diritto di difendersi, se attaccati. Ma questa legittima difesa armata va esercitata all’interno di alcune condizioni che lo stesso catechismo enumera: che tutti gli altri mezzi per porre fine all’aggressione si siano dimostrati impraticabili o inefficaci; che vi siano fondate ragioni di successo; che l’uso delle armi non provochi mali e disordini più gravi di quelli da eliminare”.
È proprio in questa proporzionalità che si gioca l’equilibrio tra legittima difesa e aggressione, dato che “la guerra inizia nel cuore dell’uomo. Ogni insulto sanguinoso allontana la pace e rende più difficile qualsiasi negoziato”.
Parlando della vicenda ucraina, il Cardinale Parolin nota che “non sembra emergere al momento disponibilità a intavolare reali negoziati di pace e ad accettare l’offerta di una mediazione super partes. Come è evidente, non è sufficiente che una delle parti lo proponga o lo ipotizzi in via unilaterale, ma è imprescindibile che entrambe esprimano la loro volontà in questo senso”.
Parolin mette in luce anche “la possibilità di un salto negativo verso la congiunzione dei pezzi in un conflitto mondiale vero e proprio. Credo che noi non siamo ancora in grado di prevedere o calcolare le conseguenze di quanto sta accadendo. Migliaia di morti, città distrutte, milioni di sfollati, l’ambiente naturale devastato, il rischio di carestia per la mancanza di grano in tante parti del mondo, la crisi energetica… Come è possibile che non si riconosca che l’unica risposta possibile, l’unica via praticabile, l’unica prospettiva percorribile è quella di fermare le armi e promuovere una pace giusta e duratura?”
Il Papa – aggiunge il Cardinale – vorrebbe davvero andare nei luoghi in conflitto, e in particolare in Ucraina, ma la sua priorità è che “attraverso i suoi viaggi si possa giungere a un beneficio concreto”.
Così, il Papa vorrebbe sì andare a Kyiv, ma anche a Mosca, anche se solo “in presenza di condizioni che siano veramente utili alla pace”.
Quello tra Roma e Mosca è “un dialogo difficile, che procede a piccoli passi e conosce anche fasi altalenanti”, rimarca il Cardinale, tanto che “l’incontro a Gerusalemme tra Papa Francesco e il patriarca Kirill è stato sospeso perché “non sarebbe stato capito e il peso della guerra in corso l’avrebbe troppo condizionato”.
Parlando dell’accordo segreto tra Santa Sede e Cina, il Cardinale ha detto che
“proprio la caratteristica della provvisorietà ha consigliato alle parti di non renderlo pubblico, nell’attesa di verificarne il funzionamento sul terreno e decidere in merito”, e che per ora “sono stati fatti passi in avanti, ma che non tutti gli ostacoli e le difficoltà sono stati superati e quindi rimane ancora strada da percorrere per la sua buona applicazione e anche, attraverso un dialogo sincero, per un suo perfezionamento”.
Infine, il Cardinale Parolin auspica che “tutte le diplomazie assumano uno sguardo universale, impegnandosi a tutelare la dignità e i diritti fondamentali, difendere i più deboli e gli ultimi della terra, operare in favore della vita. Imparando a «respirare al ritmo dell’universalità”.
FOCUS MULTILATERALE
Santa Sede alle Nazioni Unite, sulla non proliferazione delle armi nucleari
Lo scorso 8 agosto, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, è intervenuto alla discussione nel terzo comitato della 10ma Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari. Il tratto riguarda l’uso pacifico dell’energia nucleare.
La Santa Sede non è mai stata contraria all’energia nucleare, ed in effetti è anche membro fondatore dell’AIEA, ma allo stesso tempo è sempre stata contro le armi nucleari. La non proliferazione delle armi nucleari è parte dell’utopia del disarmo integrale perseguito dalla Santa Sede.
Nel suo discorso, l’arcivescovo Caccia ha sottolineato che l’energia atomica deve essere usata solo per scopi pacifici, ha ricordato l’impegno della Santa Sede nell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e messo in luce ancora una volta che la tecnologia nucleare ha contribuito allo sviluppo sostenibile attraverso il trattamento del cancro, il miglioramento delle colture, la gestione e la protezione delle forniture di acqua e anche nel monitoraggio dell’inquinamento dell’oceano.
Questo significa, ha aggiunto, che assicurarsi che l’energia atomica sia usata pacificamente significa che l’energia nucleare, la medicina e gli impianti di ricerca non siano presi di mira durante la guerra.
Il riferimento, indiretto ma molto presente, è alla situazione intorno alla centrale nucleare di Zaphorizia in Ucraina.
L’arcivescovo Caccia ha anche sottolineato che l’uso pacifico di tecnologia nucleare debba essere considerato in modo integrale, e non con un approccio tecnocratico, e che per questo si deve lavorare insieme per portare avanti usi pacifici di energia nucleare.
La Santa Sede A New York, sul tema della non proliferazione
La Santa Sede è intervenuta anche al Comitato 2 della conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari.
L’arcivescovo Caccia ha notato che non c’è area in cui la fiducia reciproca sia più necessaria che in quello della non proliferazione, e ha espresso che il dialogo appena riaperto a Vienna possa segnalare una ulteriore ripresa del Piano Comprensivo di Azione tra l’Iran e il P5+1. Il piano era sostenuto dalla Santa Sede.
L’arcivescovo Caccia sottolinea che il modello di avere aree libere da armi nucleari è solo un passo verso un mondo libero da armi nucleari, e per questo la Santa Sede chiede con forza ala comunità internazionale di considerare aree sempre più aree geografiche che siano fruibili per stabilire zone addizionali basati sugli accordi cui gli Stati nella regione sono giunti liberamente. Tra le zone, l’arcivescovo Caccia ha chiesto di riconsiderare le zone proposte nella penisola Coreana, nell’Artico e tra Stati senza armi nucleari in Europa.
FOCUS LIBANO
Il nunzio Spietri saluta la Lega Maronita e dice che un viaggio del Papa in Libano è ancora possibile
Lo scorso 7 luglio, l’arcivescovo Joseph Spiteri è stato nominato da Papa Francesco nunzio in Messico. Spiteri è stato “ambasciatore del Papa” in Libano sin dal 2013, e ha vissuto in questi anni la crisi politico-economica, la crisi dei migranti, la crisi seguita all’esplosione nel porto di Beirut nell’agosto del 2020, una visita del Cardinale Pietro Parolin come inviato del Papa che al Libano ha sempre dato molta attenzione, nonché i preparativi per un viaggio papale che si pensava dovesse avere luogo in giugno e che poi non è successo più.
Lo scorso 4 agosto, l’arcivescovo Spiteri è stato in visita di congedo alla Lega Maronita, e le sue parole nell’occasione sono state riportate dalla stampa. Il Vaticano – ha detto Spiteri – “conta ancora nel messaggio pluralistico del Libano, e sono cero che i libanesi saranno in grado di trovare una nuova formula che salvi il loro rinomato sistema pluralista”.
Il nunzio ha anche detto che “niente impedisce allo Stato, che ha già completato i sondaggi parlamentari con successo, di condurre le elezioni presidenziali secondo i principi costituzionali”.
Un tema caldo è quello dei rifugiati siriani in Libano. Spiteri ha sottolineato che “sia l’Occidente che le Nazioni Unite hanno mostrato comprensione sull’insistenza del Libano nel rimpatriare gli sfollati siriani alla regione sicura della loro nazione. Gli officiali libanesi non mancheranno mai di ricordare la questione”.
Secondo il nunzio, una visita del Papa nel Paese dei Cedri “è ancora sull’agenda del Papa, e annuncerà la sua data quando i dipartimenti vaticani vedranno che la visita sarà di beneficio per i Libano”. La Santa Sede, ha comunque assicurato, è in contatto costante con “tutti gli Stati coinvolti nella crisi libanese”, e che l’idea di “neutralità attiva” proposta a più riprese dal Cardinale Bechara Rai, patriarca Maronita, è “in discussione con gli Stati coinvolti: il termine può cambiare, il risultato è lo stesso”.
FOCUS IRAQ
Iraq, verso una conferenza di dialogo inetrreligios
Lo scorso 5 agosto, il ministero degli Esteri iracheno ha comunicato di aver completato le preparazioni per la Terza Conferenza di Dialogo Interfede. La conferenza si terrà ad ottobre, e sarà svolta in coordinamento con sciiti, sunniti, cristiani, mandei e yazidi. Come annunciato il 26 gennaio, parteciperà alla conferenza anche il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Durante la visita di Papa Francesco in Iraq nel marzo 2021, e a seguito del suo incontro con l’ayatollah al-Sistani, l’Iraq aveva stabilito una giornata per la tolleranza e per il dialogo, in pratica cercando di rendere concreti anche nel Paese i principi della Dichiarazione per la Fraternità Umana. In questo modo, sia la parte dell’Islam sunnita che quella dell’Islam sciita erano coinvolti nel percorso verso la fraternità umana.
Da tempo, l’Iraq lavora sulla questione del dialogo interfede. Lo scorso 10 luglio, il governo locale di Dhi Oar ha cominciato la costruzione di un centro di dialogo tra le fedi che include luoghi di culto per musulmani, cristiani, ebrei e sabei. Ci sarà anche una sala e un forum per il dialogo tra le fede nell’antica città di Ur.
Il dialogo tra le fedi ha avuto sempre più importanza a seguito dell’invasione dell’Iraq da parte del sedicente Stato Islamico.
Tra il 2014 e il 2017, l’invasione dello Stato islamico ha lasciato circa sei milioni di persone sfollate dai propri Paesi di origine.
Iraq, il sottosegretario del ministro degli Esteri incontra il nunzio
Proprio in merito a questo incontro, lo scorso 8 agosto, Safia Taleb al-Suhail, sottosegretario del Ministero iracheno per gli Affari Esteri, ha incontrato l’arcivescovo Mitija Leskovar, nunzio apostolico a Baghdad. Secondo dichiarazioni rese da al Suhail, “il ministero iracheno per gli Affari Esteri, sotto gli auspici del primo ministro Mustafa al-Kadimi e la guida del ministro degli Esteri Fouad Hussein, ospiterà un forum internazionale interreligioso a Baghdad, in cooperazione e coordinamento con il Vaticano e un numero di nazioni e istituzioni internazionali, con lo scopo di promuovere la pace, la cooperazione internazionale e la coesistenza, che erano tra i risultati della Conferenza di Baghdad dello scorso anno”.
L’incontro con gli uffici di dotazione e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha proseguito il sottosegretario, si sono tenuti in prima sessione nel 2013 e in seconda sessione nel 2017.
Slogan della conferenza sarà: “Educazione appropriata per le Nuove Generazioni: Percorso di Pace e sviluppo integrale”. Suhail ha detto che in agenda c’è la volontà di “preparare gli insegnanti a concretizzare le loro missioni di pace educative e di rivedere i curricula scolastici in modo da promuovere una cultura di coesistenza”.
Secondo il sottosegretario, “l’Iraq vuole onorare i suoi obblighi riguardo il rispetto dei diritti umani e della democrazia, come definito dalla Costituzione Irachena, inclusi i diritti di minoranze culturali e religiose e altre libertà di base. L’Iraq, allo stesso modo, si impegna a seguire le raccomandazioni e i risultati della visita di Papa Francesco in Iraq”.
Ihsan Jaafar Ahmed, rappresentante religioso e culturale dell’ufficio sciita, ha detto che il suo ufficio “sta prendendo parte alla fase preparatoria per questa terza conferenza, mentre il ministro per gli Affari Esteri sta gestendo la comunicazione tra i partecipanti e facilitando gli aspetti protocollari. Allo stesso modo, ci sono comitati che lavorano nel chiarificare gli argomenti che saranno discussi durante la conferenza”.
Secondo Ahmed, “sciiti e sunniti stanno lavorando per costruire sulle molte cose in comune che hanno, restaurando la coesione nazionale che l’ideologia estremista ha distrutto nell’Iraq multi-religioso, multi settario e multi etnico”.
Abbas Abboud, capo della Coalizione dello Stato di Diritto, ha sottolineato da par suo che “non c’è conflitto religioso in Iraq, ma un conflitto tra nazionalità e sette”, considerando che l’Iraq “è stato sin dai tempi antichi una nazione di diversi credi religiosi, dato che è casa delle chiese più vecchie e di diversi luoghi di culto”.
Il Consiglio Iracheno per il dialogo interfede è stato stabilito nel 2013.
Iraq, l’incontro tra il nunzio e il presidente di Iraq
Barham Salih, presidente di Iraq, ha incontrato l’arcivescovo Mitija Leskovar a Baghdad, nel palazzo al-Salam. Secondo un comunicato della presidenza irachena, la discussione tra i due ha riguardato la stretta relazione tra i due Stati, nonché il modo di portare avanti questi legami a vari livelli.
Il nunzio e il presidente hanno concordato che “è importante avere ulteriore coordinamento futuro per promuovere un cultura di dialogo e coesistenza pacifica, per stabilire pace e sicurezza”.
Il presidente ha lodato il ruolo di Papa Francesco nel “supportare la sicurezza e la stabilità in Iraq, consolidare le relazioni fraterne e promuovere valori di cittadinanza e tolleranza tra i popoli”.