Roma , venerdì, 5. agosto, 2022 16:00 (ACI Stampa).
Inghilterra, prima metà del XII secolo. Nella calma atmosfera di un monastero antico e rinomato, un monaco si sta occupando del suo 'giardino dei semplici', l'orto in cui coltiva le piante medicinali. È fratello Cadfael, un tempo marinaio, poi crociato, ora padre erborista e speziale dell'abbazia benedettina di Shrewsbury.
Da tutte le sua esperienze ha filtrato un temperamento particolare, è paziente e dotato di senso dell'umorismo e possiede un acutissimo senso di osservazione e di ragionamento. Insomma è un uomo che suscita simpatia e fiducia. Dunque, non solo capace di curare ogni malanno grazie alle erbe, non solo uomo di fede profonda e di grande empatia con chiunque chieda aiuto. In pratica il fratello è probabilmente il più grande detective che le cronache medievali ricordino. Lui in realtà non vorrebbe lasciare la quiete del suo orto e del suo “laboratorio”, ma spesso viene trascinato in fatti di sangue e oscure trame soprattutto per amore di giustizia e per aiutare innocenti perseguitati.
Le storie di fratello Cadfel sono state molto lette ed amate, ma da qualche anno sembravano essere lasciati un po' in ombra. In queste settimane, però, le edizioni San Paolo le stanno riproponendo in diversi volumi venduti insieme a “Famiglia Cristiana”.
Dunque, la figura del frate indagatore saranno di nuovo proposte ai lettori e c’è da credere che torneranno a piacere parecchio. E sarà il modo anche per riscoprire la creatrice di Cadfel, ossia Ellis Peters, esperta di storia del Medioevo, scrittrice piuttosto solitaria dall’intelligenza acuta e dalla scrittura nitida, capace di congegnare trame complesse e perfettamente definite.
Il fascino delle abbazie ci permette di viaggiare a ritroso nel tempo, perché si tratta di un fenomeno di lunga durata ma che ha avuto il suo momento magico tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, grazie alla ricca produzione di gothic novel, romanzi gotici, di origine anglosassone, ben presto diventata una moda molto seguita. E sopravvive per tutto il diciannovesimo secolo anche in molti scrittori che non hanno nessuna intenzione di seguire la scia del gothic-revival e scelgono l’abbazia benedettina come tema centrale nelle loro narrazioni. Seguendo le tracce di Cadfel e di molti suoi confratelli possiamo risalire ad Antonio Fogazzaro e del suo romanzo Il Santo, che apre il lungo elenco di ritorni all’abbazia, al convento, alla chiesa, al palazzo antico del Novecento. Siamo certamente su livelli molto diversi ma anche qui l’abbazia torna al centro della narrazione L’autore narra di Piero Maironi, in fuga dal mondo, che decide di andare a san Benedetto a Subiaco. Non si tratta di un romanzo storico, perché narra nello stesso tempo una crisi di coscienza e uno dei motivi del dibattito religioso di allora, il modernismo. Un’indagine, a suo modo, anche per Maironi, ma un’indagine interiore e insieme immersa nella natura, quella che circonda i monasteri benedettini di Subiaco. Ecco come il protagonista medita sullo spettacolo notturno e suggestivo che gli appare una sera, mentre vaga per i campi e i boschi di Subiaco. "Alcune stelle brillavano sul roccioso dorso grigio macchiato di nero e il loro lume oscuro mostrava nel chiostro il piazzale, gli arboscelli sparsi, la torre possente dell’Abate Umberto, le arcate, le mura vecchie di nove secoli (…) Il chiostro e la torre si affermavano nella notte con maestà di potenza. Era proprio vero che stessero morendo? Nel lume delle stelle il monastero pareva più vivo che nel sole, grandeggiava in una mistica comunione di senso religioso con gli astri. Era vivo, era pregno di effluvi spirituali diversi, confusi in una persona unica, come le diverse pietre tagliate e scolpite a comporre la unità del suo corpo, come diversi pensamenti e sentimenti in una coscienza umana".