Città del Vaticano , lunedì, 8. agosto, 2022 10:00 (ACI Stampa).
Tutta la struttura della carità di cui abbiamo parlato veniva supportata da una serie di iniziative personali dello stesso Papa, anzi di cui il Papa era protagonista. C’erano, infatti, alcuni momenti dell’anno in cui il Papa serviva personalmente il pranzo ai poveri. Non pranzava con i poveri. Era proprio colui che serviva a tavola.
Monsignor Stefano Sanchirico, officiale dell’Archivio Apostolico Vaticano, ricorda prima di tutto il “mandatum” ovvero la lavanda dei piedi del Giovedì Santo. “La tradizione romana – spiega il monsignore – era di lavare i piedi non a 12 ma a 13 persone, perché si diceva che un angelo si fosse assiso durante uno dei pranzi offerti da Gregorio Magno tra i 12 poveri. Questa tradizione rimase sino alla riforma dei riti papali seguita al Concilio Vaticano II, tanto nella lavanda dei piedi che nel pranzo successivo che veniva offerto”.
Il palazzo dei Papi è sempre stato un luogo di carità. San Zaccaria iniziò la distribuzione del Papa, Adriano I, nell’VIII secolo, era noto per la sua distribuzione delle elemosine, e così come Paolo I e Gregorio III, mentre – nota monsignor Sanchirico – “di Nicolo I, nel IX secolo, si narra che tenesse sempre con sé i nomi di tutti gli zoppi, i ciechi e gli storpi della città di Roma, e con diligenza faceva loro somministrare il vitto quotidiano”.
A questo si aggiungevano le liste di handicappati, storpi, bisognosi che il Papa aveva con i suoi uffici.
Monsignor Sanchirico narra che “Gregorio V, alla fine del X secolo, ogni sabato soleva vestire i 12 poveri e li vestiva di bianco, cosa che è diventata parte del rituale del Giovedì Santo, quando fino agli anni precedenti la riforma liturgica quelli che simboleggiavano gli apostoli venivano vestiti di bianco”.