Padova , venerdì, 29. luglio, 2022 16:00 (ACI Stampa).
"All’alba del 30 luglio, quando si alzò alle 5 del mattino si portò nella cappellina vicina alla sua stanza con il desiderio di celebrare la messa. Si preparò, com’era solito fare, con un’ora e mezza di preghiera. Verso le 6.30, aiutato dal fratello infermiere, cominciò a indossare i paramenti sacri, ma un collasso gli tolse la coscienza e si accasciò al suolo. Venne riportato nella sua cella e adagiato sul letto. Riprese coscienza, ricevette il sacramento dell’unzione degli infermi, seguì con attenzione e partecipazione tutte le preghiere fino all’ultima: la Salve regina. Le sue ultime parole vennero pronunciate con voce sempre più fioca: “O clemente o pia, o dolce Vergine Maria”".
Così vengono descritte, nelle sue biografie, le ultime ore di vita di san Leopoldo Mandic, che proprio ottant’anni fa, il 30 luglio 1942, ha concluso la sua avventura terrena. La sua morte è avvenuta in piena coerenza, si potrebbe dire, con la sua esistenza, tutta spesa, donata, agli altri. Soprattutto attraverso il sacramento della penitenza, che ha definito e realizzato la sua vocazione. Il giorno prima, infatti, il 29 luglio, il frate cappuccino lo passa a confessare, una cinquantina di persone, nella cella del convento di Padova, nonostante la sofferenza provocata da un tumore all’esofago, che lo consuma rapidamente. Nel convento dei cappuccini di Padova, per più di trent’anni, vive, prega, ama il prossimo, in particolare in quella una microscopica celletta-confessionale, che il 14 maggio del 1944 – durante della seconda guerra mondiale – viene miracolosamente risparmiata dai bombardamenti che il frate profetizza tempo addietro.
I frati del convento di Padova in cui riposano le spoglie mortali del santo, ricorderanno la sua morte con due appuntamenti: questa sera alle ore 21 si terrà la celebrazione del transito e la benedizione con la reliquia della mano destra; domani, 30 luglio, anniversario della morte, alle 18 verrà celebrata la messa presieduta dal cardinale Beniamino Stella, postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, che ha conosciuto padre Leopoldo.
Bogdan Ivan Mandić nasce a Castelnuovo di Cattaro (oggi nel Montenegro) il 12 maggio 1866. Un luogo suggestivo e amato, sempre presente nella geografia interiore del futuro santo. Viene ordinato sacerdote il 20 settembre 1890 nell’ordine dei cappuccini come fra Leopoldo. Causa l’esile costituzione fisica e un difetto di pronuncia, non riesce dedicarsi alla predicazione e alla missione, come avrebbe fervorosamente desiderato. Diventa confessore, soprattutto dopo essere arrivato nel convento di Padova, presto si guadagna l’affetto della gente e presto lo si considera un santo. La beatificazione avviene nel 1976 da papa Paolo VI e poi canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1983. Una vita, la sua, vissuta nel segno, oltre che della misericordia e della compassione, anche dell’umiltà e dell’obbedienza, dell’offerta di ogni sofferenza, da quelle spirituali a quelle fisiche. Lui che confessa in dialetto veneto e non rifiuta nessuno, ma viene preso in giro per la bassa statura e per la sua persona così fragile e dimessa. Lui che poi è diventato un gigante della fede e un simbolo della missionarietà della Chiesa, come anche sottolineato da papa Francesco.
Padre Leopoldo, come viene familiarmente chiamato dai suoi fedeli, è stato riconosciuto il 6 gennaio 2020 patrono dei malati d’Italia colpiti da tumore. E il suo nome è tra quelli proposti per intitolare il futuro nuovo polo ospedaliero di Padova. Nei giorni in cui si ricorda la sua morte terrena vogliamo anche ricordare il santo attraverso qualche lettura. La bibliografia su san Leopoldo è molto vasta e si arricchisce continuamente. Vogliamo segnalare un piccolo libro di Luca Crippa, edito dalla San Paolo, che ne ripercorre la vita attraverso alcuni capitoli della sua biografia e specularmente propone momenti di meditazione, di preghiera e di devozione. Uno dei temi-cardini della meditazione e della missionarietà del santo è la sua incessante opera di riconciliazione tra chiesa d’Oriente e chiesa d’Occidente. Quell’Oriente che 'ho sempre dinanzi agli occhi', come scriveva lui stesso, che anima sempre la sua preghiera e l’offerta delle proprie sofferenze. Per conoscere meglio questa intensa vocazione ecumenica suggeriamo il volume dal titolo 'Il mio Oriente. L’ecumenismo di san Leopoldo Mandic', che percorre le lunghe vie di questo cammino interiore tutto teso verso i 'fratelli orientali'.