Sono, insomma, tante storie che si incrociano. C’è un trauma, quello dei nativi americani, che vogliono mantenere lingua, storia, cultura e tradizioni delle loro terre. Ci sono i cristiani, che hanno partecipato al sistema delle scuole residenziali, ma non possono essere assimilati al sistema. Ci sono delle responsabilità personali, da definire. E c’è, anche, una forte campagna mediatica, che non mette in luce come ancora gli indigeni vengano strappati alle loro famiglie con il sistema dell’affido, il cosiddetto foster parenting, che è costato al governo canadese una condanna nel 2019 cui si è appellato.
Papa Francesco compie l’incontro nella Chiesa del Sacro Cuore, dedicata proprio alla pastorale per le popolazioni delle Prime Nazioni, Metis e Inuit, un’altra testimonianza concreta dell’impegno pastorale della Chiesa.
È “una casa per tutti”, dice Papa Francesco, “aperta e inclusiva come deve essere la Chiesa”. Eppure la Chiesa è fatta di grano e di zizzania, ed è “a causa di questa zizzania che ho voluto intraprendere questo pellegrinaggio penitenziale”.
Papa Francesco si dice ferito dal pensiero che “dei cattolici abbiano contribuito alle politiche di assimilazione e affrancamento che veicolavano un senso di inferiorità, derubando comunità e persone delle loro identità culturali e spirituali, recidendo le loro radici e alimentando atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori, e che ciò sia stato fatto anche in nome di un’educazione che si supponeva cristiana”.
Per Papa Francesco, l’educazione “non può essere qualcosa di preconfezionato da imporre”.
Ora c’è bisogno, per il Papa, di un percorso di riconciliazione, che già si compie in parrocchie come quella del Sacro Cuore. La riconciliazione, dice il Papa, avviene per mezzo della Croce, “albero di vita, come amavano chiamarlo gli antichi cristiani”, e da quell’albero Gesù “rimette insieme ciò che sembrava impensabile e imperdonabile, abbraccia tutti e tutto”.
Il Papa nota che la chiesa del Sacro cuore non solo fa sua la simbologia dell’albero, con un tronco che congiunge l’altare, ma rende anche cristologico il senso dei punti cardinali secondo le popolazioni indigene, che le intendono “non solo come punti di riferimento geografico ma anche come dimensioni che abbracciano la realtà intera e indicano la via per risanarla, rappresentata dalla cosiddetta ‘ruota della medicina’.”
Nella chiesa del Sacro Cuore, i punti cardinali sono quelli della croce, in cui Gesù “riunisce i popoli più distanti” e “risana e pacifica tutto”.
Ma riconciliare tutte le cose è difficile per chi ha subito un trauma, perché, dice Papa Francesco, “nulla può cancellare la dignità violata, il male subìto, la fiducia tradita. E nemmeno la vergogna di noi credenti deve mai cancellarsi”. Per il Papa, però, si deve ripartire da Gesù crocifisso, perché “nessuna consolazione umana può risanare”, ma la pace va attinta proprio all’altare di Cristo, perché “sull’albero della croce il dolore si trasforma in amore, la morte in vita, la delusione in speranza, l’abbandono in comunione, la distanza in unità”.
Per Papa Francesco, la riconciliazione è “un dono, una grazia che va chiesta”, e la Chiesa è “corpo vivente di riconciliazione”. Ma – aggiunge – “se pensiamo al dolore incancellabile provato in questi luoghi da tanti all’interno di istituzioni ecclesiali, viene solo da provare rabbia e vergogna. Ciò è avvenuto quando i credenti si sono lasciati mondanizzare e, anziché promuovere la riconciliazione, hanno imposto il loro modello culturale”.
È un atteggiamento “duro a morire”, spiega Papa Francesco, che vuole inculcare Dio, perché “è più facile”, ma non funziona, perché “il Signore non soffoca e non opprime”, ma sempre “ama, libera e lascia liberi”.
E allora “non si può annunciare Dio in un modo contrario a Dio”, è questa “la tentazione mondana di farlo scendere dalla croce per manifestarlo con la potenza e l’apparenza. Ma Gesù riconcilia sulla croce, non scendendo dalla croce”.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Ammonisce Papa Francesco: “In nome di Gesù, non capiti più nella Chiesa di fare così. La Chiesa, corpo di Cristo, sia corpo vivente di riconciliazione!”
In fondo, “Chiesa è praticamente sinonimo riconciliazione”, è “il luogo dove si smette di pensarsi come individui per riconoscersi fratelli guardandosi negli occhi, accogliendo le storie e la cultura dell’altro, lasciando che la mistica dell’insieme”. E deve essere, per il Papa, “il luogo dove la realtà è sempre superiore all’idea” e “non un insieme di idee e precetti da inculcare alla gente, ma una casa accogliente per tutti!”
Papa Francesco sottolinea, infine, che gesti e visite sono importanti, ma serve lavorare a livello di comunità locale, serve “pregare insieme, aiutare insieme, condividere storie di vita, gioie e lotte comuni”, perché questo “apre la porta all’opera riconciliatrice di Dio”.
E Papa Francesco termine con l’immagine della tenda, dove Dio abitava quando Israele era nomade. “Dio dunque – conclude Papa Francesco - pianta la sua tenda tra di noi, ci accompagna nei nostri deserti: non abita in palazzi celesti, ma nella nostra Chiesa, che desidera sia casa di riconciliazione”.