Roma , venerdì, 22. luglio, 2022 16:00 (ACI Stampa).
Un cane “sospettato” di avere avuto l’intuizione precisa di un omicidio e di averne anche individuato il colpevole; un delitto compiuto nella classica modalità della camera chiusa, ossia in un luogo inaccessibile e da cui nessuno sarebbe potuto entrare o uscire. E un piccolo prete, dall’aspetto “insignificante”, che scioglie ogni enigma e rimette le cose nel loro ordine naturale, cane compreso. E’ la trama del racconto “L’oracolo del cane”, di G. K.Chesterton e fa parte della raccolta di racconti dal titolo “L’incredulità di padre Brown”. Stiamo quindi parlando della straordinaria creazione dello scrittore, quel padre Brown infatti prototipo di tanti altri indimenticabili protagonisti di romanzi e di film.
Ogni occasione è buona per tornare al grande Chesterton e quindi noi approfittiamo del fatto che nell’ultimo numero degli Speciali del Giallo Mondadori appare proprio “L’oracolo del cane” per prendere una boccata d’aria fresca letteraria in questa estate torrida e desertica anche dal punto di vista dei libri attualmente in circolazione.
Come sempre leggere questo autore aiuta a mettere a fuoco anche gi errori, le stupidità e le nefandezze dei nostri giorni. Un mondo che mostra la propria “ottusità” avendo svenduto Dio in cambio di ideologie varie che mostrano presto il loro vero volto disumano.
Nel racconto, quando padre Brown svela l’autentica dinamica dei delitti, demolisce l’assurda convinzione che l’innocente cane Nox avesse capacità divinatorie e gli fossero attribuiti misteri impropri:
“Ciò che mi dà fastidio è che, siccome non poteva parlare, voi abbiate costruito tutta una storia per lui, e che l’abbiate fatto parlare con la lingua degli uomini e degli angeli. E un elemento che ho notato prendere sempre più piede nel mondo moderno: appare in ogni genere di chiacchiere sui giornali e nelle conversazioni sotto forma di frasi fatte, qualcosa che sta assumendo sempre più rilievo senza averne l’autorità. La gente è sempre pronta a bere le affermazioni non provate di Tizio, di Caio o di Sempronio. Ciò sta mandando a fondo tutta la vostra vecchia razionalità e il vostro scetticismo e sta salendo come la marea: il suo nome è superstizione. […] Il primo effetto di non credere in Dio è che si perde il buonsenso e non si riescono più a vedere le cose come realmente sono. Qualsiasi cosa di cui si parii dicendo che c’è del vero, si estende all’infinito come una prospettiva in un incubo. E un cane è un presagio, un gatto un mistero, un maiale un portafortuna e uno scarafaggio uno scarabeo, il tutto a rievocare il serraglio del politeismo pagano dell’Egitto e della vecchia India; il Cane Anubis, il Grande Pasht dagli occhi verdi e i sacri Tori mugghianti di Bashan; tornare agli dèi bestiali dei primordi, rifugiarsi negli elefanti, nei serpenti e nei coccodrilli, e tutto perché si ha paura di cinque parole: ‘Ed Egli fu fatto uomo’.” Osservazioni che calzano a pennello agli atteggiamenti di molta della nostra cultura dominante, che, tra le altre cose, sta ponendo gli animali su piedistalli da idoli, senza rispettare la loro vera natura. Nell’epilogo del racconto, vediamo uno dei protagonisti, Fiennes, nonché proprietario del cane, che prende congedo dal sacerdote, ma deve chiamare Nox più volte “perché l’animale era rimasto indietro per un momento, immobile e tranquillo, a guardare attentamente Padre Brown, così come il lupo aveva guardato san Francesco”.