Abuja , martedì, 19. luglio, 2022 11:00 (ACI Stampa).
Nello Stato nigeriano di Benue, nei soli mesi di maggio e giugno, almeno 68 cristiani sono stati uccisi e molti sono stati rapiti. Ben 1,5 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case. Alla radice del problema ci sono i persistenti attacchi dei terroristi islamici della tribù Fulani ai danni di comunità agricole, in gran parte cristiane, residenti nella Nigeria centrale. Le ragioni di tali attacchi sono complesse. I conflitti tra pastori nomadi e contadini stanziali risalgono a secoli fa, ma negli ultimi anni l'afflusso di moderne armi da fuoco ha reso le aggressioni molto più distruttive. La dimensione religiosa aggrava la situazione, in un Paese diviso equamente tra un sud a maggioranza cristiana e un nord a maggioranza musulmana, e in cui la maggior parte dei combattimenti si svolge nella regione centrale, dove si trovano le terre più fertili. Secondo Mons. Wilfred Chikpa Anagbe, vescovo di Makurdi, una delle diocesi di Benue, i terroristi si travestono da pastori nomadi per nascondere il vero scopo dei loro attacchi, che è quello di espellere i cristiani dalle loro terre.
La situazione ha causato «una grave e insostenibile carenza di cibo», racconta mons. Chikpa Anagbe ad Aiuto alla Chiesa che Soffre. «Lo Stato di Benue è noto per essere il 'paniere alimentare' della nazione, ma il terrorismo ne ha intaccato l'approvvigionamento». Di conseguenza, i contadini, che prima potevano sostenere loro stessi e le rispettive famiglie, ora sopravvivono grazie alla carità. «Questa precarietà fa sì che molti vivano in condizioni incompatibili con la dignità umana, spesso dipendenti dalle razioni alimentari fornite da persone la cui condizione economica non è affatto migliore», dice monsignor Anagbe.
Makurdi ospita attualmente l'80% degli sfollati presenti nello stato di Benue e, nonostante le difficoltà finanziarie, la diocesi fa di tutto per alleviare le sofferenze, fornendo cibo e beni di prima necessità. La diocesi assegna anche borse di studio a decine di bambini sfollati, affinché non vengano privati dell’istruzione. L'instabilità della regione rende tuttavia molto gravoso il lavoro, e per questo «da qualche anno non ho potuto svolgere attività pastorali in alcune parti della mia diocesi», aggiunge il prelato. Nonostante tutto, «non abbiamo trascurato la cura pastorale che queste persone meritano. C'è una parrocchia, in una delle zone di insediamento degli sfollati, che si prende cura dei loro bisogni spirituali», conclude il vescovo, aggiungendo che spera di acquistare una clinica mobile per soddisfare i bisogni sanitari.
I problemi con gli estremisti in Nigeria si trascinano da diversi anni, e per questo la Chiesa si è lamentata per l'inerzia del governo. Secondo l'arcivescovo Anagbe, «l'entità delle uccisioni e delle distruzioni arbitrarie da parte di queste milizie jihadiste Fulani non fa che consolidare un'agenda politica, ormai palese, di espulsione delle comunità cristiane dalla Nigeria», con conseguente sequestro delle loro terre. «È rivelatore che l'attuale governo nigeriano continui a non fare nulla di fronte a questi attacchi persistenti».
Abbandonata dalle autorità locali, la Chiesa è grata per il sostegno ricevuto dai benefattori di ACS, sostegno che l'arcivescovo Anagbe descrive come «una fonte di luce in una valle di tenebre». La fondazione pontificia, nel 2021, ha infatti finanziato 105 progetti per sostenere i cristiani perseguitati e poveri della Nigeria.