Strasburgo , sabato, 16. luglio, 2022 11:00 (ACI Stampa).
Non c’è la Shari’a in Francia, e dunque non c’è un reato di apostasia. Eppure, i musulmani che si convertono vivono comunque forme di oppressione da parte delle loro famiglie, dalle quali o vengono esclusi o addirittura attaccati in maniera più radicale, seppure molto più raramente.
A gettare luce sulla vicenda un rapporto dello European Center for Law and Justice (ECLJ) di Strasburgo, una organizzazione non governativa che è già stata protagonista di studi importanti e che ha portato le sue 23 pagine di rapporto all’attenzione del mondo durane il Ministeriale sulla Libertà di Religione e di Credo che si è tenuta a Londra dal 5 al 6 luglio.
Il rapporto è stato presentato durante l’evento su apostasia e blasfemia, durante il quale sono intervenuti Ulrika Sundberg, inviato speciale per il dialogo interculturale interreligioso, Ahmed Shaheed, relattore speciale delle Nazioni Unite sulla Libertà di Religione e di Credo, e diverse testimonianze che hanno dettagliato gli effetti della legge sulla blasfemia in Yemen, Pakistan, Iran, Sudan e altre nazioni.
Il rapporto di ECLJ mette i riflettori su un fenomeno davvero poco notto e esplorato. Non ci sono dati precisi nemmeno sui convertiti, e nessuno di quelli che ha dato testimonianza per il rapporto è voluto comparire con il suo nome e cognome.
Certo, la situazione della conversione dall’Islam coinvolge dalle 4 alle 30 mila persone l’anno in Francia, e ogni anno sono circa 300 le persone di origine islamica che ricevono il Battesimo per entrare nella Chiesa Cattolica, almeno secondo i dati della Conferenza Episcopale Francese.