Curinga , lunedì, 4. luglio, 2022 16:00 (ACI Stampa).
"Nemmeno i piovaschi gelati che di tanto in tanto si rovesciavano dal Monte Contessa, formando pozzanghere livide tra le muraglie affiorate nel corso dello scavo, riuscivano a scoraggiare, in quell’incerto tramonto del sabato 26 ottobre 1991, i primi gruppi di curiosi che cominciavano a salire al Sant’Elia Vecchio. Per tutta la mattinata la frusta del grecale non aveva dissuaso l’archeologo dall’insistere, steso sul ventre, con bisturi e pennellino, sui resti che andavano delineandosi". Così scrive Sebastiano Angruso, nelle sue Lettere dal Carmelo descrivendo i primi scavi moderni del 1991, dell' Eremo di Sant' Elia costruito dai monaci basiliani intorno all'anno 1000 a Curinga in Calabria.
Nel mese di luglio dominato dalla festa della Madonna del Carmelo visitiamo insieme questo piccolo ma importante rudere che può diventare meta per una gita estiva.
Ci accompagna il professor Francesco Antonio Cuteri Docente Beni Culturali presso Accademia di Belle Arti di Catanzaro.
"I resti del monastero - scrive Cuteri- si conservano in località Corda, non lontano dall’abitato di Curinga, in una piccola radura posta a margine della strada che conduce verso il Monte Contessa e che è delimitata ad occidente dalle solcature prodotte dal torrente Turrina". Tutti lo definiscono basiliano anche se i primi documenti arrivano nel 1493. Con una bolla Papa Alessandro VI Borgia da il monastero in commenda al tredicenne Lodovico Serra.
Il convento, era parte della di S. Eufemia dell’Ospedale di San Giovanni Gerosolimitano, diventò nel 1632 struttura della Riforma carmelitana di Monte Santo