“Uno dei maggiori malesseri del nostro tempo – dice Papa Francesco - è infatti la perdita di senso, e la teologia, oggi più che mai, ha la grande responsabilità di stimolare e orientare la ricerca, di illuminare il cammino”.
Il Papa invita dunque a domandarsi sempre “in che modo sia possibile comunicare la verità di fede oggi”, usando sì i mezzi di comunicazione ma “senza mai annacquare, indebolire o virtualizzare il contenuto da trasmettere”, e stando attenti a “non scivolare nell’autorefer\enzialità”.
Papa Francesco chiede, quindi, “una teologia capace di formare esperti in umanità e prossimità”, perché da questo dipende anche il futuro delle vocazioni.
“Ogni persona – nota Papa Francesco - è un mistero immenso e porta con sé la propria storia familiare, personale, umana, spirituale. Sessualità, affettività e relazionalità sono dimensioni della persona da considerare e comprendere, da parte sia della Chiesa sia della scienza, anche in relazione alle sfide e ai cambiamenti socio-culturali”.
L’educatore deve dunque avere un “atteggiamento aperto”, per “incontrare tutta la personalità del chiamato”, in un percorso di discernimento chiamato ad “attivare processi finalizzati a formare sacerdoti e consacrati maturi, esperti in umanità e prossimità, e non funzionari del sacro”.
Papa Francesco descrive l’operato di un bravo formatore con la formula di “diaconia della verità”, perché in gioco “c’è l’esistenza concreta delle persone”, le quali “spesso vivono senza sicure certezze, senza orientamenti condivisi, sotto il martellante condizionamento di informazioni, notizie e messaggi molte volte contraddittori, che modificano la percezione della realtà, orientando all’individualismo e all’indifferentismo”.
Papa Francesco chiede che “i seminaristi e i giovani in formazione devono poter apprendere più dalla vostra vita che dalle vostre parole; poter imparare la docilità dalla vostra obbedienza, la laboriosità dalla vostra dedizione, la generosità con i poveri dalla vostra sobrietà e disponibilità, la paternità dal vostro affetto casto e non possessivo”.
Infine, Papa Francesco descrive la teologia come “al servizio dell’evangelizzazione”, e sottolinea che questa “non è mai proselitismo, ma attrazione a Cristo, favorendo l’incontro con Lui che ti cambia la vita, che ti rende felice e fa di te, ogni giorno, una nuova creatura e un segno visibile del suo amore”.
Il Papa invita a non sottrarsi “al dialogo con il mondo, con le culture e le religioni”, perché “il dialogo è una forma di accoglienza e la teologia che evangelizza è una teologia che si nutre di dialogo e di accoglienza”.
“Il dialogo e la memoria viva della testimonianza d’amore e di pace di Gesù Cristo – dice Papa Francesco -sono le vie da percorrere per costruire insieme un futuro di giustizia, di fraternità, di pace per l’intera famiglia umana. Ricordiamoci sempre che è lo Spirito Santo che ci introduce nel Mistero e dà impulso alla missione della Chiesa”.
Papa Francesco sottolinea dunque che “l’abito del teologo è quello dell’uomo spirituale, umile di cuore, aperto alle infinite novità dello Spirito e vicino alle ferite dell’umanità povera, scartata e sofferente”.
Senza umiltà, aggiunge Papa Francesco, “lo Spirito scappa via, senza umiltà non c’è compassione, e una teologia priva di compassione e di misericordia si riduce a un discorso sterile su Dio, magari bello, ma vuoto, senz’anima, incapace di servire la sua volontà di incarnarsi, di farsi presente, di parlare al cuore”.
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Il Papa afferma che “la pienezza della verità, alla quale lo Spirito conduce, non è tale se non è incarnata. In effetti, insegnare e studiare teologia significa vivere su una frontiera, quella in cui il Vangelo incontra le necessità reali della gente”. E così, per il Papa, “anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite di molti”.
Papa Francesco mette in guardia dalla “teologia da tavolino”, propone invece una riflessione “capace di accompagnare i processi culturali e sociali, in particolare le transizioni difficili, facendosi carico anche dei conflitti”.
Da qui, la necessità di una “teologia viva” che dia sapore oltre che sapere e che sia “alla base di un dialogo ecclesiale serio, di un discernimento sinodale, da organizzare e praticare nelle comunità locali, per un rilancio della fede nelle trasformazioni culturali di oggi”.
Conclude Papa Francesco: “Una teologia che serva alla vita buona sia la via maestra del vostro impegno ecclesiale, degna di essere esposta tra le cose belle della vetrina della vostra rivista. Una teologia capace di dialogo con il mondo, con la cultura, attenta ai problemi del tempo e fedele alla missione evangelizzatrice della Chiesa e fedele anche al suo radicamento nel Seminario di Milano, chiamato a essere luogo di vita, discernimento e formazione”.