New York City, New York , mercoledì, 1. aprile, 2015 10:57 (ACI Stampa).
Perché istituzioni come la Banca Mondiale o le Nazioni Unite guardano alle religioni per meglio portare avanti gli obiettivi di sviluppo sostenibile? Se lo chiede l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York. E risponde: “Oserei supporre che si tratta di un riconoscimento del contributo delle religioni e delle loro organizzazioni alla vita degli individui e della società, in particolare un riconoscimento dell’aiuto che forniscono a quanti tentatno di emanciparsi da varie forme di estrema povertà.”
L’Osservatore permanente ha parlato venerdì 27 marzo alla Consultazione sulla “Rilevanza del dialogo interreligioso e inter-civiltà per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile post 2015.”
L’arcivescovo Auza ricorda i dati della Banca Mondiale, che sottolinea come “ancora il mondo non può sradicare l’estrema povertà,” perché “dall’attuale 14,5 per cento di popolazione mondiale che vive in condizioni di estrema povertà, il numero potrebbe essere ridotto al 7 per cento a partire dal 2030.”
Secondo l’Osservatore permanente, il numero può essere ridotto addirittura al 3 per cento con “l’aiuto delle organizzazioni basate sulla fede e su altre organizzazioni civiche,” un “contributo significativo in numeri reali.”
Ma è ovvio che le organizzazioni religiose o basate sulla fase non si “presentano per essere ciò che non sono,” ovvero “non si presentano come entità politiche o economiche,” né un qualcosa di parallelo della Banca Mondiale o delle Nazioni Unite e allo stesso tempo “non identica alle Organizzazioni Non Governative basate sulla fede.”