Città del Vaticano , martedì, 31. maggio, 2022 19:15 (ACI Stampa).
C’è una lettera del Cardinale George Pell del 2015, in cui, come prefetto della Segreteria per l’Economia, si lamenta che la Segreteria di Stato ancora non ha contribuito a fornire i dati necessari per il budget. E c’è un commento interno, una bozza scritta dagli officiali di Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi e Antonio Di Iorio, in cui si lamenta l’ingerenza della Segreteria per l’Economia, in cui, in maniera forte, ci si appella alla Pastor Bonus e si sottolinea che la Segreteria per l’Economia “deve rendersi conto che gli statuti non permettono di ingerire nelle autonomie dei dicasteri”.
Il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, giunto alle udienze 18 e 19, mette sempre più in luce anche la questione della gestione finanziaria della Santa Sede, vero pomo della discordia. Di fronte alla necessità di trasparenza, c’è sempre la necessità di equilibrare il ruolo autonomo della Segreteria di Stato. Un dibattito che si è trascinato fino allo scoppio della questione del Palazzo di Londra, oggetto del processo, e motore della decisione di Papa Francesco di togliere alla Segreteria di Stato autonomia finanziaria.
Nelle udienze 18 e 19 sono stati ascoltati il broker Enrico Crasso, gestore per Credit Suisse dei fondi della Segreteria di Stato, e, di nuovo, l’officiale della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi, membro dell’amministrazione della Segreteria di Stato e “con competenze tecniche” persino superiori a quelle di Crasso, per ammissione dello stesso broker.
Il promotore di Giustizia ha cercato di dimostrare che Crasso compisse i propri interessi, mentre con Tirabassi le domande puntavano a considerare se l’officiale traesse qualche beneficio personale nella gestione dei fondi. Non sono mancati attimi di tensione in entrambi gli interrogatori.
Scopo principale era quello di definire come si fosse arrivati a decidere di investire sul fondo immobiliare proprietario del palazzo di Sloane Avenue a Londra, partendo da una proposta di investimento per una concessione estrattiva di petrolio in Angola proposta da Antonio Mosquito, che il Cardinale Angelo Becciu aveva conosciuto quando era nunzio nel Paese africano.