Padova , venerdì, 13. maggio, 2022 18:00 (ACI Stampa).
“Non mi sembra vero, posso tornare qui a festeggiare il Padre nel suo santuario! Erano due anni che non ci tornavo…” Una signora minuta, che cammina faticosamente e che mormora queste parole alla donna più giovane che l’accompagna, dandole il braccio.
E’ la calda mattina del 12 maggio, festa di san Leopoldo Mandic, Padre Leopoldo per le migliaia di fedeli sparsi nel mondo di questo piccolo (di statura e di corporatura molto fragile e minuta) grande santo. A Padova si trova il santuario in cui riposano le sue spoglie mortali e che è il centro della devozione irradiata ovunque. E dopo due anni di pesanti restrizioni causate dalla pandemia tornano i fedeli per celebrarlo nel giorno della sua festa, il suo “compleanno”, visto che Leopoldo è nato 156 anni fa a Cattaro, in Montenegro.
Non si può ancora toccare o baciare la teca trasparente dove riposa il corpo del santo; ma ora si può assistere alle messe, si può pregare e sostare in meditazione nei vari ambienti del convento dove il padre ha vissuto per decenni, entrare nella minuscola celletta- confessionale dove per anni ha ascoltato aprirsi migliaia di cuori e di anime e ha donato conforto e la misericordia divina. Oggi i fedeli si rivolgono sempre a lui, che nel frattempo è anche diventato il protettore dei malati di tumore, dunque il carico di dolore e di speranza da deporre nelle sue mani si moltiplica.
E’ stato il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, a presiedere la messa solenne di ieri sera, alle 19.00. Due i momenti culminanti della celebrazione: il ringraziamento per il riconoscimento di padre Leopoldo come patrono dei malati di tumore, “a lui, per la sua dignità di fronte al tumore all’esofago e alla morte, affideremo i malati di tumore, ma anche quelli di Covid e tutte le persone che soffrono per questa pandemia”, ha spiegato padre Gusella, rettore del santuario. L’altro momento culminante è stata l’accensione della lampada votiva “della Riconciliazione” con l’olio offerto dai sindaci dei Comuni del vicariato dei Colli euganei.
Il convento dei cappuccini di Padova è visitato da moltissimi pellegrini, in questi giorni, e non potrebbe esserci contrasto maggiore con le immagini di due anni fa, in pieno lockdown, o anche del maggio dell’anno scorso, quando le restrizioni cominciavano appena al allentarsi. Tornano ad animare le sale con le migliaia di ex voto, la cappella, la chiesa… Ci si raccoglie nei luoghi in cui il padre pregava, accoglieva le persone, passeggiava…Diversi dipinti mostrano scorci di paesaggi della sua terra d’origine, la Dalmazia, e ovviamente il mare. Quante volte l’ormai anziano e malato Leopoldo avrà pensato al suo mare, e a quello che, molto più in la’, lambisce le terre d’ Oriente, l’orizzonte spirituale in cui si è abituato a “viaggiare” con il cuore e la mente. In un mosaico viene tratteggiata la città di Castelnuovo di Cattaro, l’odierna Herceg-Novi in Montenegro, sulle coste dalmate dell’Adriatico, dove il futuro santo nasce il 12 maggio del 1866. Si può immaginare il piccolo Leopoldo che cresce con davanti agli occhi i paesaggi bellissimi offerti dalle bocche di Cattaro, che ricordano i fiordi norvegesi, una natura selvaggia ma senza le brume nordiche. E il bambino contempla il mare, sognando di diventare missionario, per spendere la propria vita lungo la difficile strada dell’unità dei cristiani. E lo ha sognato sempre, fino alla fine dei suoi giorni. Insieme alla speranza di diventare confessore, quando abbraccia la vita religiosa, entrando nella famiglia francescana dei cappuccini. La salute fragile e l’obbedienza promessa, però, gli consentono di realizzare solo il secondo sogno. L’Oriente, che desiderava raggiungere in veste di missionario, si rende presente in ogni anima che chiede il suo aiuto spirituale nel confessionale.