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A Firenze2015 la giornata del "dialogo" con la città, i territori e le fedi

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A Firenze2015 oggi il tema è quello dell'incontro. Nei fatti. Comincia nella prima mattinata con l'"esercizio" ecumenico e interreligioso, con la preghiera comune e i saluti delle confessioni religiose. Continua poi nella conclusione dei tavoli di lavoro, in stile sinodale, chiamati da ieri ad elaborare le proposte che saranno presentate in aula al termine del quinto Convegno ecclesiale della Chiesa italiana. Termina nel pomeriggio con la visita alla Chiesa Fiorentina e alla città, attraverso i diversi incontri: le esperienze sono forti e non hanno per niente il sapore di una gita, piuttosto vogliono essere e sono un momento di condivisione. Partendo dalla realtà, a volte complessa.

Perché, riprendendo la declinazione fatta ieri, quella di un "umanesimo della concretezza", è proprio questa la sfida che i convegnisti sono chiamati a fare propria. O meglio, a rimetterla in circolo, facendo sistema delle tantissime esperienze che caratterizzano la Chiesa italiana, oggi chiamate a "fare i conti" con le analoghe esperienze fiorentine.

Persino i percorsi artistici si intersecano con quelli di conoscenza della città, ripartendo dai "grandi" che hanno scritto le migliori pagine dell'umanesimo culturale. Quello apprezzato anche da Papa Francesco, e testimoniato dalla storica immagine del pontefice che a Santa Maria del Fiore alza lo sguardo all'insù per ammirare l'"Ecce homo" affrescato nella volta della maestosa cupola del Bernini.

Giorgio La Pira, don Lorenzo Milani, don Giorgio Facibeni, il cardinale Elia Dalla Costa sono le "mete" presentate oggi, quelle di cristiani impegnati nella Chiesa, nella società e nella politica. Insieme ai tanti incontri con le parrocchie di periferia, le esperienze monastiche, caritative e sociali, fra tutte quelle delle "Misericordie". Ci sono anche gli ambiti della pastorale ordinaria scandagliati, in uno scambio che parte dai racconti. Uno, originalissimo, parte dal Battistero, per spiegare come si fa la catechesi nuova - ma in realtà antichissima - partendo dalle opere d'arte. "È un'idea eccezionale - commenta uno dei visitatori, un prete che fa della cultura il suo modello missionario - è un'esperienza fantastica ripartire dalle bellezze delle nostre città perché non siano solo patrimonio turistico ma Bellezza che riparla anche oggi del sacro".

Stesso pensiero del Cardinale di Firenze, Giuseppe Betori, che scrive a proposito: "appartiene alla vocazione della nostra Chiesa diocesana evidenziare i legami tra la fede e quanto essa ha prodotto nei segni dell'arte, così da fare dello stesso tessuto architettonico e artistico della città un tracciato di vera e propria catechesi", che, comunque, è un "compito di particolare responsabilità".

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Mentre il Convegno volge al termine, tra i duemiladuecento delegati che domani torneranno nei loro territori si è apprezzato molto lo sforzo compiuto dagli organizzatori, nel permettere a tutti di dialogare, di "esserci" dicendo la propria, in un mix ben riuscito di proposte nuove e approcci classici.

Oggi il dialogo si è fatto persino ecumenico e interreligioso. La preghiera di questa mattina, presieduta dal vescovo Nunzio Galantino, Segretario Generale della CEI - che fino a questo momento non ha mai preso la parola per una sua "comunicazione" -, ha visto la presenza delle diverse confessioni religiose al Convegno più alto della Chiesa cattolica in Italia, aperto dal Santo Padre. Citato, peraltro, in continuazione.

"Come ha detto Papa Francesco possiamo parlare di nuovo umanesimo solo partendo dalla centralità di Gesù", ha detto padre Georgij Blatinskij, arciprete della Chiesa ortodossa russa di Firenze.

Commentando il brano di San Paolo ai Filippesi, il sacerdote ortodosso ha detto che l'uomo di oggi ha ancora la possibilità di scegliere tra "bene e male" e deve cambiare il "paradigma antropologico" per "seguire la strada giusta", partendo d un assunto: "La nostra fede è la nostra vita".

Non ha nascosto i contrasti la professoressa Letizia Tommasone, pastora della Chiesa valdese di Firenze: "Forse siamo ancora animosi", vista una storia che spesso ha portato a "lotte fratricide". Invece, per la pastora protestante, dobbiamo lasciarci sempre più interpellare dal fatto che siamo "all'ascolto di una parola che mette al centro Gesù Cristo, la sua croce e ci coglie là dove siamo, nella nostra difficoltà e nel nostro limite".

"Tra noi oggi ci sono doni di riconciliazione - ha detto -, patrimoni che non vanno sperperati ma vanno resi più visibili".

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E anche oggi, ha continuato, "la Parola di Dio ci sfida a non mettere al centro un Dio Padrone, e ci sfida a vivere tutte le risorse per vivere un cammino di riconciliazione e di svuotamento dei nostri poteri, uniti nell'ascolto del mondo, della Parola, di Cristo".

Dopo la preghiera ecumenica spazio ai saluti di ebrei e musulmani. "Cinquant'anni dopo la Nostra Aetate", ha spiegato il rabbino Joseph Levi, dobbiamo "continuare a costruire ponti" che in realtà "esistevano già nel passato e sono stati distrutti attraverso i secoli per la competizione fra le nostre rispettive fedi".

"Rispetto molto il tentativo della Chiesa di creare un ponte tra la Chiesa e la modernità per arrivare al cuore della gente e offrire una speranza", ha detto ancora. "Questa speranza è quella che dobbiamo offrire noi oggi insieme le persone".

Per Izzedin Elzir, presidente delle Comunità islamiche italiane, oltre al saluto anche il grazie: "Come musulmano vi ringrazio perché facendo il dialogo interreligioso non vogliamo togliere le nostre radici", che invece "nel dialogo dobbiamo conoscere e approfondire".

Per l'Imam, occorre ripartire dai rapporti semplici, "tra gli uomini e le donne di diverse culture e di diverse realtà"; "oggi più che mai - ha detto ancora - non si può andare avanti da soli, ma possiamo andare avanti solo insieme, come diverse comunità religiose, uomini, donne, vecchi, giovani, verso il futuro, ma anche nel nostro presente".

L'"umiltà" ci aiuta a fare il dialogo, ha ribadito l'Imam citando il discorso del Papa. Che poi, ha aggiunto, è l'unica via per sconfiggere gli estremismi. "Possiamo costruire un presente e un futuro migliore per noi è per i nostri figli", ha ribadito, ma "dobbiamo partire dal basso per arrivare all'alto", per "creare una nuova cultura dove la diversità e l'altro sono una ricchezza".