Città del Vaticano , sabato, 30. aprile, 2022 13:00 (ACI Stampa).
È un mondo diverso, quello slovacco. Quando Papa Francesco andò a settembre, si guardava al futuro con una certa fiducia, e il problema principale era dato dalla pandemia e dalle misure restrittive. Oggi la Slovacchia, Paese di frontiera dell’Ucraina, si trova a fare i conti con l’emergenza migratoria, e la Chiesa, come sempre, ha messo in campo volontari, strutture, capacità. Un impegno che il Papa conosce e riconosce, rivolgendosi ai pellegrini slovacchi.
Ricordando il viaggio, Papa Francesco sottolinea che è stato “un grande piacere vedere come la Chiesa in Slovacchia vive la ricchezza e la diversità dei riti e delle tradizioni, come un ponte che unisce l’Occidente e l’Oriente cristiano”.
È il segno visibile di una “cultura dell’incontro” che “si costruisce nella ricerca dell’armonia tra le diversità, un’armonia che richiede accoglienza, apertura e creatività”, con alla radice di tutto “c’è il Vangelo, c’è lo Spirito Santo”.
Il Papa sottolinea che l’armonia è “a volte ferita dai nostri peccati e dai nostri limiti”, e per questo si è pregato durante la visita “anche per la guarigione delle ferite”. Papa Francesco non lo dice, ma, tra le ferite, c’era anche quella degli abusi: durante il viaggio il Papa ha incontrato alcune vittime, in gran segreto, e la storia è stata diffusa solo in questi giorni sui media slovacchi, a mesi dalla visita, perché c’era la volontà di non strumentalizzare la vicenda.
Papa Francesco poi guarda ai gesti concreti. Sottolinea con piacere che “il grande tappeto usato per il palco durante l’incontro con la comunità Rom, a Košice (Coshitse), è stato tagliato e distribuito tra le famiglie del quartiere, e può servire per l’accoglienza alla porta di ogni casa”. Ricorda di essere stato ricevuto con “il pane e il sale”, e il sale dell’accoglienza “rimanda al sale del Vangelo”. E aggiunge che gli slovacchi hanno mostrato ancora accoglienza, “questa volta nel contesto tragico della guerra”.