Roma , venerdì, 15. aprile, 2022 11:00 (ACI Stampa).
La Croce, signum d’amore. Due pezzi di legno sono incrociati fra loro: uno è posto in orizzontale; l’altro in verticale. Nulla di più: sinteticità del Cristianesimo. Sopra di essa, un uomo, anzi l’Uomo per eccellenza, Gesù Cristo; la scena del Golgota, nella sua drammatica sequenza, rappresenta uno dei momenti del Vangelo più drammatici e importanti. A quella stessa Croce e a quella scena dal pathos straordinario, molti poeti e scrittori - sia atei che cristiani - hanno guardato, nel corso dei secoli, cercando di contemplarne il mistero.
Se pensiamo al “dialogo” tra poesia e croce, i primi versi che vengono in mente sono quelli del poeta e mistico francescano Jacopone da Todi ( tra il 1230 e il 1236 - 1306) che nel suo Stabat Mater, inno liturgico composto a metà del XIII secolo, pone l’attenzione alla Vergine Maria presso il Calvario del Figlio: “Stabat Mater dolorósa/ iuxta crucem lacrimósa,/ dum pendébat Fílius”. L’opera, successivamente, ispirerà diversi compositori di tutti i tempi. Fra questi: Scarlatti; Paisiello; Rossini; Verdi; fino a Dvořák e Poulenc.
Non poteva mancare all’appello Dante Alighieri (1265-1321) che nel XXXI canto del Paradiso, focalizzando l’attenzione del lettore sulla Vergine Maria sotto la Croce, scrive: “In forma dunque di candida rosa/ mi si mostrava la milizia santa/ che nel suo sangue Cristo fece sposa”. Non è certamente un caso che i giorni in cui si svolge il viaggio descritto ne La Divina Commedia sono - volutamente - quelli che hanno al loro centro la Settimana Santa.
Nel XV secolo la letteratura francese segna lo sviluppo finale del teatro religioso. E a descrivere la Passion ci pensa il poeta e drammaturgo francese Jean Michel (1435 - 1501) che per narrare il patimento sulla Croce di Cristo si ispira alla predicazione di San Giovanni Battista. Passion, opera composta da ben 62000 versi, descrive - tra le tante scene - uno struggente dialogo tra la Madonna e Gesù. Al Figlio dell’Uomo, Michel farà dire: “Io sarò appeso e tirato, tanto che si conteranno tutte le mie ossa (...) Bisogna compiere le scritture”.
Con un salto del tempo abbastanza iperbolico, l’Ottocento del Manzoni (1785-1873) ci dona la sua immagine della Passione, lirica scritta tra il 1814-1815: “Egli è il Giusto che i vili han trafitto,/ Ma tacente, ma senza tenzone;/ Egli è il Giusto; e di tutti il delitto/ Il Signor sul suo capo versò”. Il tema della Crocifissione - nel così ricco Ottocento letterario - è affrontato anche oltralpe, nella secolarizzata Francia, dall’esponente di spicco dei Poètes Maudits, Paul Verlaine (1844-1896) che, nella poesia Mon Dieu m’a dit, riesce a catapultare il lettore ai piedi del Golgota: “Figlio mio, bisogna amare. Tu vedi/ il mio fianco trafitto,/ il mio cuore che si irraggia e che sanguina,/ e i miei piedi offesi che Maddalena bagna/ con le lacrime, e le mie braccia dolenti sotto i pesi/ dei tuoi peccati, e le mie mani!”.