Prato , martedì, 10. novembre, 2015 14:30 (ACI Stampa).
Una lettera per il mondo del lavoro. È così che le sigle sindacali e imprenditoriali di Prato hanno voluto accogliere Papa Francesco. Uno dei tessitori di quella lettera è stato Michele del Campo, direttore della Pastorale del Lavoro e della Commissione Giustizia e Pace della Diocesi di Prato. “Ho solo portato ad unità le idee di tutti,” si schermisce con ACI Stampa.
Cosa significa fare la pastorale del lavoro oggi a Prato, con la crisi che incombe?
Significa reimpostare la pastorale. Prima era una pastorale dell’abbondanza e del rispetto dei diritti. Oggi è una pastorale che deve occuparsi anche di chi non ha lavoro. Soprattutto di chi non ha lavoro. E dobbiamo cercare di far dialogare i mondi. Prima era molto più facile di oggi. È questo l’impegno che portiamo avanti.
Quanto ha cambiato il vostro modo di fare pastorale la grande presenza della comunità cinese a Prato?
Con la comunità cinese si sta cominciando a parlare ora. Il cambiamento è stato culturale, e ha riguardato l’impatto della comunità cinese sui lavoratori italiani. Come diceva anche il Papa, i lavoratori italiani si sono chiusi, sono stati presi dalla paura… quindi fare pastorale oggi significa creare ponti di dialogo tra comunità diverse, tra quella italiana, quella cinese, ma anche altre grandi comunità straniere, che sono tradizionalmente presenti a Prato. Dunque abbiamo fatto un lavoro di integrazione. Ora dobbiamo continuare questa azione, cercando di abbassare le paure reciproche.