Città del Vaticano , giovedì, 7. aprile, 2022 9:00 (ACI Stampa).
Sin dalla crisi della Crimea, e poi con le situazioni del Donbass e Luhansk la Santa Sede ha fatto presente alla Russia la necessità di una soluzione negoziata, un tema che è stato presente in tutti i colloqui. Né la Santa Sede ha mai mancato di prendere una posizione netta, senza per questo subire contraccolpi diplomatici.
Lo spiega ad ACI Stampa il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, nella prima parte di questa lunga intervista, che avuto luogo prima del viaggio papale a Malta. Il Segretario di Stato vaticano rivela anche che l’iniziativa della videochiamata dello scorso 16 marzo tra Papa Francesco e Kirill è partita dal Patriarcato di Mosca.
È ormai passato più di un mese dall’inizio della guerra in Ucraina. Sin dall’inizio del suo mandato da Segretario di Stato vaticano, lei ha incentrato l’azione diplomatica sul tema del “dovere di proteggere”, una linea guida presente già nei suoi primi discorsi alle Nazioni Unite. In che modo questo “dovere di proteggere” va applicato oggi?
Io credo che ci sia il diritto alla difesa, alla legittima difesa. È quello fondamentalmente il principio in base al quale anche l'Ucraina sta resistendo alla Russia. La comunità internazionale vuole evitare una escalation, e quindi finora nessuno è intervenuto personalmente, ma vedo che ci sono molti che inviano armi. Questo è terribile da pensare, potrebbe provocare una escalation che non si potrà controllare. Resta, però, il principio della legittima difesa.
C’è da dire che la Russia aveva annesso nel 2014 la Crimea. Nel 2008, c’era stata l’occupazione dell’Ossezia. Erano segnali che la Russia avrebbe potuto agire in questo modo. Perché ora si parla di principio di legittima difesa e prima no?