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Attendiamo il Papa che ci confermi nella fede che ci ha portato San Paolo

A colloquio con il Rettore della Chiesa di San Paolo e del Complesso delle Grotte di San Paolo Padre Joseph Mizzi

Padre Joseph Mizzi davanti alla Chiesa di San Paolo costruita sulla Grotta  |  | Mercedes De La Torre / Aci Group
Padre Joseph Mizzi davanti alla Chiesa di San Paolo costruita sulla Grotta | Mercedes De La Torre / Aci Group
Padre Joseph Mizzi davanti alla Chiesa di San Paolo costruita sulla Grotta  |  | Mercedes De La Torre / Aci Group
Padre Joseph Mizzi davanti alla Chiesa di San Paolo costruita sulla Grotta | Mercedes De La Torre / Aci Group
La Grotta di San Paolo  |  | Mercedes De La Torre/ Aci Group
La Grotta di San Paolo | Mercedes De La Torre/ Aci Group

Una delle tappe più significative del viaggio di Papa Francesco a Malta è la sosta per la  preghiera nelle Grotta di San Paolo a Rabat. La grotta è parte di un complesso di ipogei e oggi vi si accede dalla chiesa dedica all’ Apostolo a lui dedicata attraverso una scalinata. La grotta è stata visitata da Giovanni Paolo II il 27 maggio del 1990 e da Benedetto XVI il 17 aprile del 2010, in occasione del 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo. 

Padre Joseph Mizzi, dal 2021 è parroco e rettore della chiesa, che è anche parrocchia, ricorda le precedenti due visite: 

“E’ un ricordo meraviglioso che io ho, prima da seminarista, poi da prete e adesso da arciprete del complesso paolino. Per noi queste visite dei  Papi confermano la fede dei maltesi, confermano che questa zona è una zona veramente santa, una terra santa per noi.  Qui la tradizione dice, seguendo gli Atti degli Apostoli, capitolo 28, che Paolo ha vissuto nella sua permanenza a Malta, e che poi ha continuato il suo viaggio a Roma. Qui ha guarito gli infermi, ha celebrato per la prima volta l’Eucaristia, ha annunciato la Parola di Dio e ha fatto anche i primi battesimi. Qui è nata la prima comunità cristiana maltese. Per questo per noi la grotta è santa, perché è la culla, è l’inizio della Chiesa cattolica a Malta. Perciò noi continuiamo a venerarla. Non soltanto le pietre, perché le pietre non significano niente, ma noi veneriamo quello che Paolo ci ha insegnato. Proprio come si vede nella statua, Paolo è sempre con il libro del Vangelo in mano. Per noi è una responsabilità enorme che ci chiama a riflettere, meditare e pregare sulla Parola di Dio e poi annunciarla, come hanno fatto prima di noi altri sacerdoto, così continuiamo anche noi in questi giorni, a ricevere il dono della Parola e continuare ad annunciarla alle nuove generazioni”.

Quale messaggio ci porta la presenza di San Paolo a Malta? Qual è la devozione di San Paolo e qual è la responsabilità di seguire le orme di San Paolo come predicatore?

“Per noi è una grande responsabilità. C’è una devozione popolare qui, fin dal Medioevo. Qui venivano tanti pellegrini da tutta l’Europa per prendere della pietra e credevano che la pietra curava le malattie, e quindi tanta gente prendeva pezzi di pietre da questa grotta. Per noi, oggi la responsabilità è quella di annunciare la Parola, di capire bene le lettere di Paolo e annunciarle nuovamente, e di creare un dialogo ecumenico con altri cristiani, che pure leggono e meditano la Parola di Dio”.

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Cosa dice San Paolo oggi alla Chiesa e al mondo?

 “San Paolo è sempre attuale, sempre vivo e presente nella Chiesa. Innanzitutto per noi cristiani, Paolo è al centro del dialogo ecumenico. Se noi meditiamo sulla sua parola, sulle sue lettere, troviamo punti sui quali dialogare e approfondire la teologia paolina, una teologia che ci conduce a Cristo, che è il cuore della nostra fede. Poi, per il mondo intero, Paolo è l’apertura al mondo. Lui che non ha avuto paura di andare incontro ai popoli gentili, continua ad ispirarci anche oggi per continuare a trovare nuovi mezzi di comunicazione, per annunciare e proclamare al mondo intero e parlare con i popoli di altre religioni. Paolo duemila anni fa non ha avuto paura e ha trovato il coraggio di fare questo dialogo, di creare questi ponti con il mondo nuovo, con i pagani. E così possiamo continuare anche noi a creare ponti con gente di altre religioni. E’ una missione importante per noi”.

 Cosa significa per Lei custodire il complesso paolino, accompagnare le persone che arrivano pieni di curiosità sul luogo e su San Paolo? Cosa significa per lei ricevere Papa Francesco?

 “Quando il vescovo mi ha affidato questo compito di custodire il complesso e poi ricevere Papa Francesco, ho sentito molto la responsabilità non soltanto di conservare e preservare la pietra, il marmo. Ma come questo luogo è  un centro di pellegrinaggio, dove vengono tanti turisti e pellegrini, cattolici, cristiani e gente di altre confessioni e religioni. Qui sento la responsabilità di creare nuovi punti di collegamento, tramite la riflessione biblica, tramite la cultura paolina, tramite il centro di spiritualità. E’ una responsabilità enorme annunciare oggi giorno a queste gente la fede in Cristo. Una responsabilità cercare sempre come possiamo raggiungere le persone che vengono in preghiera. Come Chiesa abbiamo la responsabilità di creare una dialogo con queste persone che stanno cercando, che stanno chiedendo… basta ascoltarli. Chiedono, che cosa ha fatto Paolo qui. Basta ascoltarli e cercare di creare un dialogo, una conversazione. Questo aiuta loro proprio continuare a cercare il Dio vero che Paolo ha annunciato a noi”.

 Come inviterebbe i fedeli a venire a Malta, a venire a pregare in questo centro di pellegrinaggio?

 “Questa è un’opportunità molto grande per la gente che viene qui a Malta, a Rabat, proprio vicino alla città vecchia di Medina, dove c’è la cattedrale. Qui possono venire per seminari, per conferenze, perché questi incontri internazionali possono creare legami con altri popoli, ma possono anche venire individualmente a pregare, a ricercare, a riflettere e meditare sulla parola di Dio”. 

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