Quando lo chiama per aiutarlo a gestire la vicenda, a monsignor Carlino viene chiesta da Edgar Pena Parra fedeltà, obbedienza e riservatezza, per risolvere “un grave errore” che è stato fatto. E l’errore sarebbe quello fatto da monsignor Alberto Perlasca, allora capo dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, che avrebbe firmato documenti senza l’autorizzazione del superiore, portando dunque all’assegnazione delle mille azioni a Torzi. Tirabassi, invece, era uscito dall’amministrazione della GUTT, la società di Torzi che controllava le azioni, proprio perché si era reso conto della situazione.
Compito di monsignor Carlino è quello di fare l’intermediario tra le istanze del sostituto e dei collaboratori del sostituto e Torzi, e quindi, specifica, non è mai entrato nella parte tecnica delle trattative. Torzi all’inizio chiedeva 20 milioni per uscire dalla gestione dal palazzo, e voleva assolutamente chiudere entro marzo. Alla fine, Torzi accettò di cedere le azioni a 15 milioni, e dunque la crisi della trattativa rientrò.
Obiettivo primario era quello di preservare l’asset, cioè l’investimento, ed è il motivo per cui si decise di ristrutturare l’investimento, e non di denunciare, come invece avrebbe voluto monsignor Perlasca, ma anche Capaldo. Il sostituto aveva invece escluso le vie legali per un possibile danno reputazionale sulla Santa Sede.
Sarebbe complicato entrare nei dettagli delle operazioni. Basti dire che lo studio Mishcon de Reya, che lavora con la Segreteria di Stato, aveva comunque fatto una segnalazione alla National Crime Agency del Regno Unito, controparte dell’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana, e che questa bloccò inizialmente il procedimento, finché non fu ristrutturato in modo che fosse anche finanziariamente sostenibile.
Di fatto, anche le fatture emesse da Torzi quando riceve i pagamenti non sono gradite alla Segreteria di Stato, che voleva invece definito nelle fatture che si trattasse di una transazione finale, con l’idea di tagliare completamente i ponti.
Alcuni dettagli interessanti. Nel rinvio a giudizio, si notava un eventuale pedinamento di Torzi disposto dal sostituto. Ma la chat incriminata era incompleta, e monsignor Carlino, usando il suo cellulare prima sequestrato e poi restituitogli, ha invece mostrato che si trattava di una precauzione riguardo Giuseppe Milanese. Capo della cooperativa OSA; amico del Papa sin dai tempi dell’Argentina, Milanese era stato coinvolto dal Papa nei primi negoziati con Torzi, come lo stesso Milanese ha ammesso in una intervista tv. In pratica, quando la trattativa si era arenata, si era voluto verificare se Milanese fosse andato a Londra, per fugare ogni sospetto. Il sospetto era che fosse in combutta con Torzi.
Secondo dettaglio: alcune domande del promotore di Giustizia Alessandro Diddi, non ammesse al Tribunale, riguardano un altro fascicolo, riguardante i fondi CEI inviati alla diocesi di Ozieri. Il fascicolo si riferisce ai finanziamenti CEI per la SPES, ma di questo fascicolo ulteriore non si era ancora avuta notizia – è invece rinviato a giudizio il Cardinale Angelo Becciu, sempre per aver inviato fondi alla SPES.
Terzo dettaglio: lo IOR accetta inizialmente di concedere il finanziamento di 150 milioni che aiuterebbe a rilevare il palazzo di Londra e di rifinanziare il mutuo.
Racconta Carlino: “Il 24 maggio 2019, il presidente IOR de Franssu dice che lo IOR accetta di rifinanziare. Il 4 giugno il sostituto presenta al Papa la questione ringraziando anche perché lo IOR aveva accettato questo finanziamento, che avrebbe comportato un risparmio per la Segreteria di Stato perché è chiaro che il mutuo veniva portato in casa, e mentre la banca prendeva interessi… ma cosa accadde? Il Papa approvò, il sostituto era felice della conclusione della vicenda, e poi però arriva comunicazione che a conclusine di tutto non era stato approvato e questo rappresentò al dottor Mammì a questa riunione del 28 o 29 giugno”.
Il 28 giugno, però, monsignor Carlino invia a Capaldo i numeri di Mammì, e questo perché – spiega il monsignore – “il sostituto aveva chiesto informazioni, e in seguito alla stranezza di un finanziamento accordato e negato aveva chiesto al dottor Giani, allora comandante della Gendarmeria, di fare delle verifiche”.
L’interrogatorio di Carlino proseguirà il 5 aprile, giorno in cui saranno sentiti anche Tommaso Di Ruzza e René Bruelhart, già direttore e presidentte dell’Autorità di Informazione Finanziaria. Il 7 aprile, sarà ascoltato di nuovo il Cardinale Angelo Becciu, che potrà rispondere, se vorrà, anche sulle vicende legate all'utilizzo di Cecilia Marogna come consulente della Segreteria di Stato. Ad inizio seduta, infatti, il presidente del Tribunale Pignatone ha letto una ordinanza che prendeva atto della risposta della Segreteria di Stato vaticana che aveva ricevuto dal Papa l'ok affinché il Cardinale non fosse vincolato da segreto pontificio nella testimonianza.
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