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Diplomazia pontificia, Ucraina: la lettera di Hilarion alla COMECE

Se il Cardinale Parolin continua a sottolineare che “c’è sempre spazio per il negoziato”, la risposta del Patriarcato di Mosca alla COMECE testimonia come il conflitto Est – Ovest è sempre più profondo

Cortile San Damaso | Il cortile San Damaso in Vaticano, su cui si affaccia il Palazzo Apostolico, sede della Segreteria di Stato | AG / ACI Group Cortile San Damaso | Il cortile San Damaso in Vaticano, su cui si affaccia il Palazzo Apostolico, sede della Segreteria di Stato | AG / ACI Group

Dopo l’appello inviato al patriarca di Mosca Kirill perché si adoperi per la pace, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) riceve una risposta che non dà seguito alla richiesta di un impegno per la pace, ma certifica il divario tra Est ed Ovest dell'Europa.

Il Cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, continua parlare di negoziato, e lo fa anche a margine della Conferenza tra ambasciatori dell’Unione Europea e dell’Unione Africana presso la Santa Sede.

Gli altri fronti aperti per la diplomazia pontificia: la questione dei Balcani; il tema dell’acqua in occasione della Giornata Mondiale sull’Acqua; la libertà religiosa in Pakistan; la situazione ad Hong Kong.

                                                FOCUS UCRAINA

Guerra in Ucraina, la risposta del Patriarcato di Mosca alla COMECE

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In risposta alla lettera del Cardinale Jean-Claude Hollerich al patriarca di Mosca Kirill, in cui si chiedeva di prendere una posizione sulla guerra in Ucraina, il metropolita Hilarion, capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ha risposto con una testo in cui sottolinea che “le relazioni tra l’Occidente e la Russia hanno raggiunto un punto morto, a causa della perdita di mutua fiducia e della capacità di ascoltarsi reciprocamente”.

Il metropolita Hilarion ha definito “essenziale rinunciare alla retorica dell’ultimatum, stabilire canali di dialogo e organizzare negoziazioni ufficiali e non ufficiali che possano aiutare a raggiungere una pace giusta. Come cristiani, siamo chiamati a sostenere questa causa con le nostre preghiere e il nostro lavoro”.

Il capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, che sarà in Svizzera a fine mese, ha puntualizzato che “la cosa più importante in questa situazione è fare tutto ciò che è in nostro potere per assicurarci che i negoziati continuino e producano un risultato nel più breve tempo possibile e che le relazioni tra Occidente e Russia possano ancora avere un potenziale per il dialogo”.

Allo stesso tempo, il metropolita ha sottolineato che “la Comece potrebbe giocare un ruolo importante per costruire un tale dialogo, lavorando con i rappresentanti dell’Unione Europea in modo da prevenire ulteriore escalation dell’attuale situazione e aiutare a superarlo sulla base dei valori cristiani che ci uniscono tutti”.

Per quanto riguarda l’impegno per la pace, il metropolita ricorda che “per otto anni, durante ogni Liturgia, la Chiesa ortodossa russa ha offerto una preghiera per la cessazione del conflitto nella terra ucraina. Alla luce dei recenti sviluppi, una preghiera speciale per il ripristino al più presto della pace è stata inclusa nella Divina Liturgia”.

E aggiunge: “Chiediamo a tutti di pregare con fervore per la cessazione di ogni scontro militare tra Russia e Ucraina e che il Signore, con la sua Potenza, possa aiutare i nostri popoli a trovare di nuovo la pace e il benessere. In questi tragici giorni, i cuori dei fedeli della nostra Chiesa, che si trovano su entrambi i lati del conflitto, sono travolti dal dolore”.

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Hilarion sostiene che è “di cruciale importanza prestare aiuto ai rifugiati e a coloro che sono colpiti dalle ostilità”.

Papa Francesco a Kiev, c’è una possibilità?

Dopo l’invito ufficiale del sindaco di Kiev, Andryi Yurash, ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, intervenendo presso un noto tg italiano ha affermato di sperare in una visita del Papa a Kiev, perché questa “sarebbe estremamente importante, per dare un supporto al nostro Paese in questa tragedia”.

“In questa situazione – ha detto l’ambasciatore - qualunque gesto, qualunque messaggio della Santa Sede avrebbe un valore grandissimo, ben accetto sia ai credenti che ai non credenti”.

L’ambasciatore ha anche affermato che non si tratterebbe solo “di un gesto per la comunità cattolica, ma per tutto il Paese”, perché i cattolici sono il 10 per cento della popolazione, ma il Papa, già prima della guerra, ha un gradimento del 44 per cento della popolazione.

Yurash ha sottolineato che Papa Francesco “sta cercando una via per fermare questa guerra, ed è pronto ad aiutare in qualunque modo la fine di questa guerra”. L’ambasciatore ucraino ha anche sostenuto che la Santa Sede potrebbe giocare “un ruolo molto importante nei negoziati” tra Russia e Ucraina, sebbene non ci siano segnali da parte russa, mentre serve “un approccio costruttivo, anche da Mosca, che, al momento, sta ponendo richieste irrealistiche al nostro Paese”.

Il Cardinale Parolin sul conflitto in Ucraina

A margine della conferenza tra ambasciatori dell’Unione Europea e dell’Unione Africana dello scorso 23 marzo, il Cardinale Parolin ha reso delle dichiarazioni riguardo il conflitto in Ucraina, sottolineando la necessità di “incoraggiare il dialogo e di aprire vie di riconciliazione tra le parti in conflitto”.

Il 22 marzo c’era stata una telefonata tra il Papa e il presidente ucraino Zelensky. Il Segretario di Stato vaticano ha sottolineato che Papa Francesco e il presidente condividono la preoccupazione per la sicurezza dei corridoi umanitari.

Allo stesso tempo, il Cardinale ha definito “preziosa l’opera di apertura e disponibilità al dialogo”.

Il Cardinale ha anche ricordato che l'impegno per i profughi ucraini è lo stesso profuso per assistere i migranti che arrivano dall'Africa.

In una intervista al settimanale cattolico Vida Nueva pubblicata il 19 marzo, il Cardinale Parolin ha anche concesso che “il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi”, anche se – ha affermato – “l’uso delle armi non è mai qualcosa di desiderabile, perché comporta sempre un rischio molto alto di togliere la vita alle persone o causare lesioni gravi e terribili danni materiali”.

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Il Cardinale ha anche sottolineato che comunque “entrambe le parti devono astenersi dall’uso di armi proibite e rispettare pienamente il diritto umanitario internazionale per proteggere i civili e le persone fuori dal combattimento. D’altra parte, sebbene gli aiuti militari all’Ucraina possano essere comprensibili, la ricerca di una soluzione negoziata, che metta a tacere le armi e prevenga un’escalation nucleare, resta una priorità”.

                                    FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Il Cardinale Parolin sul partenariato tra Unione Europea e Unione Africana

Come detto, il 23 marzo, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha partecipato alla Conferenza che univa ambasciatori dell’Unione Europea e dell’Unione Africana presso la Santa Sede.

Nell’occasione, il Cardinale ha detto che il partenariato tra le due entità non dovrebbe essere a senso unico, ma bidirezionale. Il Cardinale ha ricordato il sesto vertice tra Unione Europea e Unione Africana che si è tenuto a Bruxelles a febbraio, definendola

“un’occasione propizia per rinnovare le finalità del partenariato sviluppandolo in termini di solidarietà, per favorire la pace e permettere uno sviluppo sostenibile” dei due continenti. Il cardinale ha considerato centrali le riflessioni sul “garantire un accesso equo ai vaccini” e “promuovere gli scambi culturali, soprattutto tra i giovani”.

Il Segretario di Stato vaticano ha sottolineato che la Santa Sede guarda “con attenzione” alla collaborazione tra UE e Unione Africana, e che la considera una “un’opportunità di sviluppo reciproco e di solidarietà, attraverso il contributo di tutti gli attori sociali, dagli Stati ai cittadini, e che passa attraverso la società civile e le comunità religiose”.

Da qui, l’idea di un partenariato bidirezionale e “proficuo tra le parti”, favorito dal ruolo della Chiesa e della sua missione, la cui “regola d’oro è la vicinanza” che si concretizza nella “realizzazione di opere sociali volte a combattere la povertà, accudire i malati, educare i bambini, accompagnare le persone sole, curare le ferite causate dai conflitti”.

In Africa, in particolare – ha detto il Segretario di Stato vaticano – la Chiesa gestisce circa 1200 ospedali, 5400 dispensari, 200 lebbrosari, 200 case per anziani, malati cronici e disabili, 1300 orfanotrofi, 2000 scuole materne, 1700 consultori matrimoniali, 2900 centri di educazione sanitaria e 1400 altre istituzioni di assistenza ai poveri. Enti “gratuiti o che chiedono contributi minimi”, ma con personale “ben formato e motivato” che è un esempio del “contributo positivo che le organizzazioni religiose offrono all’intera società”.

Nel campo dell’educazione, ci sono – ha ricordato il cardinale – circa 60 milioni di bambini e giovani che studiano in istituzioni cattoliche, mentre la Chiesa è presente anche nel campo economico e sociale, con i progetti di microfinanza e microcredito che danno “un’opportunità di finanza etica, di empowerment degli individui nella sfera economica e un mezzo efficace per consentire lo sviluppo economico e sociale delle realtà locali”.

Il Cardinale ha poi sottolineato che la prossimità della Chiesa è anche da notare “nella creazione di spazi di dialogo sociale, politico e interreligioso”. Questo non avviene solo in Africa, ma anche in Europa, dove la cultura della solidarietà cristiana è ben visibile mentre “dove soffiano di nuovo i venti di guerra che speravamo di non vedere più”.

Alla conferenza ha partecipato anche Aloysius John, segretario generale di Caritas Internaionalis. Nel corso dei lavori Martin Pacal Tine, ambasciatore, presso la Santa Sede, del Senegal cui spetta la presidenza di turno dell'Unione Africana, ha suggerito una riflessione su una serie di programmi che includano il rilancio dell'economia nel contesto del post pandemia di COVID e puntino al miglioramento dello stato generale della sanità attraverso il potenziamento dei sistemi alimentari, la promozione della donna, la promozione del dialogo e quella dell'istruzione dei minori. Da parte di alcuni diplomatici è stato criticato duramente invece il trattamento riservato ad alcuni migranti arrivati in Europa.  

Il viaggio dell’arcivescovo Gallagher in Bosnia

Mentre questa rubrica usciva la scorsa settimana, non era ancora terminato il viaggio dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, in Bosnia Erzegovina.

C’erano già stati il bilaterale con il ministro degli Esteri Bisera Turković, l’incontro con l’alto rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina Christian Schmidt e quello con Angeli Eichhorst, direttore per l’Europa e l’Asia Centrale presso il Servizio Europeo per l’Azione Esterna, accompagnata da Johan Sattler, ambasciatore per l’Unione Europea a Sarajevo. E c’era già stata la Messa per la pace celebrata dal “ministro degli Esteri” vaticano nella cattedrale della capitale.

Il 18 marzo, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato i membri della presidenza collegiale della Bosnia Erzegovina, con il Primo Ministro Zoran Tegeltija e con alcuni rappresentanti dell’Assemblea Parlamentare. A Banja Luka, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato Željka Cvijanović, presidente della Repubblica Serba, insieme ai suoi collaboratori., e ha poi, celebrato una Messa per la riconciliazione.

Il 19 marzo, l’arcivescovo ha incontrato in nunziatura i rappresentanti delle Chiese cristiane e di altre confessioni religiose, sottolineando il loro ruolo di “ponti” e di dialogo tra le comunità religiose.

Nello stesso giorno, il ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati ha visitato il Centro di accoglienza temporaneo a Ušivak, incontrando alcuni rifugiati, e si è poi recato a Mostar, dove ha incontrato il sindaco della città Mario Kordić e i vescovi della Bosnia Erzegovina.

Infine, il 20 marzo l’arcivescovo Gallagher è stato a Medjugorje, dove ha incontrato l’arcivescovo Aldo Cavalli, visitatore apostolico per la parrocchia di Medjugorje. A Spalato, da dove è ripartito per Roma, ha incontrato l’arcivescovo di Spli-Makarska Marin Barišić, insieme all’arcivescovo Giorgio Lingua, nunzio in Craozia.

                                     FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani, la Sindrome di Down

Lo scorso 23 marzo, nella Giornata Internazionale della Sindrome di Down, la Santa Sede è intervenuta alla sessione straordinaria sul tema che si è tenuta all’Organizzazione degli Stati americani (OSA). Attualmente, osservatore presso l’OSA è monsignor Juan Antonio Cruz Serrano.

Nel suo intervento, monsignor Cruz Serrano ha sottolineato che “la vita che siamo chiamati a promuovere e difendere non è un concetto astratto, poiché si manifesta in persone concrete”, e dunque la vita umana è “unica e irripetibile”, e per quello si richiede “solidarietà, apertura e amore fraterno per la grande famiglia umana e per ciascuno dei suoi membri”.

Monsignor Cruz Serrano ha detto che la Santa Sede , nella Giornata Internazionale della Sindrome di Down, vuole “ricordare e difendere la dignità inerente e il valore di ciascun essere umano, dato che tutti hanno una capacità speciale per promuovere il benessere e aiutano a dare valora alla ricchezza della sua singolarità nella società”.

L’Osservatore della Santa Sede presso l’OSA ha ricordato che la Santa Sede ancora una volta si schiera dalla parte della vita e di quanti hanno opportunità per vivere e realizzarsi.

Nata nel 1948, la OSA è la più antica delle organizzazioni regionali, ed ha un peso tale che viene spesso descritta come “una piccola ONU”. La OSA comprende i 35 Stati indipendenti delle Americhe (la Guyana francese non vi partecipa perché, appunto, dipartimento d’Oltremare francese) e funziona come forum politico multilaterale per la soluzione di problemi politici. La sede principale dell’Organizzazione è appunto a Washington, e vi partecipano, in qualità di osservatori, oltre 70 tra Stati e organizzazioni. La Santa Sede è uno di questi.Fino al 2012, il ruolo di Osservatore Permanente presso l’Organizzazione degli Stati Americani era stato ricoperto dal nunzio negli Stati Uniti. Nell’agosto 2012, invece, fu deciso che il posto sarebbe stato ricoperto dall’Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite. Dal 2019, c’è un Osservatore della Santa Sede dedicato solo all’OSA.

Inizio della Missione dell’Osservatore Permanente a Gienvra

Il 15 marzo, l’arcivescovo Fortunatus Nwachuckwu ha consegnato le lettere credenziali come Osservatore della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio al Direttore Generale dell’Organizzazione, Ngozi Okonjo-Iweala. I colloqui si sono incentrati sulla crisi in Ucraina, è stato rilevato l’apprezzamento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per l’impegno della Santa Sede nell’ambito del sistema commerciale multilaterale.

L’arcivescovo Nwacuckwu è stato nominato Osservatore Permanente presso le Organizzazioni Internazionali lo scorso dicembre.

Diritto all’acqua, la posizione della Santa Sede

Lo scorso 21 marzo si è aperta la nona edizione del Forum Mondiale dell’Acqua, con lo slogan “La sicurezza dell’acqua per la pace e lo sviluppo”.

La Santa Sede ha partecipato con una delegazione guidata dal Cardinale Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; da Tebaldo Vinciguerra, officiale del dicastero; e da rappresentanti della nunziatura apostolica in Senegal e nella Chiesa locale.

Il Cardinale Czerny ha anche letto un messaggio del Papa al congresso, in cui veniva sottolineato che “la sicurezza dell’acqua è oggi minacciata da diversi fattori, in particolare l’inquinamento, i conflitti, il cambiamento climatico e lo sfruttamento abusivo delle risorse naturali”.

Per il Papa, l’acqua è “una preziosa carta vincente per la pace”, mentre “il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici è strettamente legato al diritto alla vita, che è radicato nella dignità inalienabile della persona umana e costituisce una condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”.

Oggi sono più di 2 miliardi le persone private dall’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici. Il Papa, notando le conseguenze che questo può avere per i pazienti dei centri sanitari, per le donne partorienti, per i prigioni, per i rifugiati, per gli sfollati, si è appellato a “tutti i responsabili e i dirigenti politici, economici, alle diverse amministrazioni, e a quanti sono in grado di orientare la ricerca, i finanziamenti, l’educazione e lo sfruttamento delle risorse naturali e dell’acqua in particolare, affinché abbiano a cuore di servire degnamente il bene comune, con determinazione, integrità e con spirito di cooperazione”.

Papa Francesco ha anche notato che una collaborazione sul tema delle acque dolci, quasi tutte trasnfrontaliere, potrebbero portare a straordinarie condizioni di pace – e fa gli esempi del fiume Senegal, del Niger e del Nilo che attraversano molti Paesi.

Il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale ha un impegno di lungo termine sul tema dell’acqua: ha pubblicato nel 2020 il documento Aqua, Fons Vitae, è stato presente in moltissimi interventi, studi e lavori di advocacy nelle organizzazioni internazionali in tutto il mondo. Questo lavoro, unito allo straordinario network della Chiesa composto dalle congregazioni religiose, dagli uffici Caritas e dall’impegno dei vescovi locali, ha portato al progetto di garantire adeguate condizioni WASH. Il Progetto WASH è stato concepito dal Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale con, appunto, congregazioni, vescovi, Caritas Internationalis, ma anche Global Water 2020. Il progetto ha avuto la risposta di circa 150 strutture (da dispensari ad ospedali) distribuite in 22 Paesi.

                                                FOCUS ASIA

Papa Francesco, messaggio a Hong Kong e alla Cina

Con due videomessaggi pubblicati sul sito della diocesi di Hong Kong, Papa Francesco si è rivolto la scorsa settimana ai cattolici di Hong Kong e a quelli di Cina. I messaggi sono stati registrati dal neo – vescovo di Hong Kong Stephen Chow Sau Yan, che era stato convocato dal Papa in una udienza personale a inizio marzo, per una visita non ufficiale.

Rivolgendosi alla popolazione di Hong Kong, il Papa ha invitato ad essere “coraggiosi davanti alle sfide del tempo”, e ha ricordato l’ondata di contagi di COVID che ha travolto la città”.

In un altro videomessaggio informale, Papa Francesco ha ringraziato i cattolici cinesi per la loro testimonianza di fede e per “sopportare con tanta forza questa pandemia del COVID che ci fa soffrire tanto”.

Santa Sede e Cina hanno stipulato nel 2018 un accordo per la nomina dei vescovi. I termini dell'accordo non sono stati rilevati. L'accordo era annuale ed è stato rinnovato poi per altri due anni. Nell'ottobre 2022, dunque, l'accordo scadrà, e si potrebbe dover ridefinire tutto. In questi anni, sono stati ordinati solo cinque vescovi con la doppia approvazione di governo e Santa Sede

I cattolici ad Hong Kong si sono uniti anche alle proteste contro la nuova amministrazione cinese. Il Papa aveva salutato il movimento di protesta in un telegramma dall'aereo che lo portava in Giappone

Pakistan, servono strumenti legali contro conversioni forzate, matrimoni infantili e abusi sulle donne

In un incontro intitolato “Break the bias” (Spezza i pregiudizi) organizzato dalla Ong Voice for Justice (VFJ), sono stati richiesi strumenti legali per poter affrontare i crimini che coinvolgono conversioni forzate, matrimoni infantili e abusi sulle donne in Pakistan.

Le richieste avvengono dopo la sentenza dell’Alta Corte di Islamabad che dichiarava illegale il matrimonio per i minori di 18 anni, mentre la Corte Federale della Shari’a ha emesso una sentenza secondo cui fissare un'età minima legale per il matrimonio non è un atto contrario all'Islam, il che apre la strada all'abolizione dei matrimoni per i minori di 18 anni anche in Pakistan.

C’è, dunque, pressione sul governo per rivedere “il disegno di legge contro le conversioni forzate e a presentarlo all'Assembla legislativa nazionale, e l’idea è quella di presentarla non solo come una questione religiosa, ma come una questione di diritti umani.

Al fine VFJ invita il governo a intraprendere un'azione affermativa per la protezione, la promozione , e il rispetto dei diritti delle minoranze; a presentare nelle assemblee federali e provinciali un disegno di legge per garantire che l'età minima per il matrimonio sia fissata a 18 anni; a istituire un comitato di esperti per rivedere il progetto di legge che introduce garanzie contro le conversioni religiose forzate. Inoltre, nota l'Ong, occorre promuovere un campagna che educhi l'opinione pubblica a sostenere il disegno di legge contro le conversioni forzate e operare affinché i giudizi dei tribunali sui fenomeni di conversione forzata e matrimonio forzato siano indipendenti, imparziali e tempestivi, assicurando i colpevoli alla giustizia. Queste misure, afferma VFJ, si inseriscono nella cornice della difesa e promozione dei diritti delle donne in Pakistan.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

Libano, il presidente Aoun si aspetta iniziative del Papa

Dopo l’incontro con Papa Francesco lo scorso 21 marzo, il presidente libanese Michel Aoun ha detto in una intervista con un quotidiano italiano di sapere che Papa Francesco “prenderà una iniziativa per aiutare il Libano”, anche se non sa di cosa si tratti. Incalzato su un possibile viaggio del Papa nel Paese dei Cedri, il presidente ha solo detto di aspettare il Papa “da molto tempo”.

Secondo un comunicato della presidenza libanese, il Papa avrebbe detto ad Aoun che “il Libano occupa un posto speciale nelle mie preghiere e nelle mie preoccupazioni, e lì ci andrò per rinnovare la speranza”.

Secondo il bollettino ufficiale della Santa Sede, però, si è trattato solo di un incontro “cordiale” di “trenta minuti”, durante il quale sono state sottolineate "le buone relazioni diplomatiche" tra Libano e Vaticano, in occasione del loro 75° anniversario confessioni religiose che vivono nella terra dei Cedri", ha proseguito il Vaticano.

Interrogato sull'egemonia di Hezbollah, il presidente Aoun è venuto in difesa del suo alleato sciita. "Hezbollah non ha alcuna influenza sulla situazione della sicurezza dei libanesi", ha detto il presidente. E ha aggounto "Hezbollah ha armi. Ha liberato il Libano meridionale dall'occupazione israeliana. È composto da libanesi del sud che hanno sofferto sotto l'occupazione israeliana. La resistenza all'occupazione non è terrorismo”. Diversi Paesi qualificano Hezbollah come organizzazione terroristica.

                                                FOCUS AMBASCIATORI

Ordine Piano agli ambasciatori con due anni di accreditamento

Come tradizione, lo scorso 24 marzo l’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato, ha conferito l’Ordine Piano agli ambasciatori presso la Santa Sede con due anni di accreditamento. La cerimonia ha visto presenti: S.E. il Sig. Lütfullah Göktaş (Turchia), S.E. il Sig. Westmoreland Palon (Malesia), S.E. il Sig. Bogdan Konstantinov Patashev (Bulgaria), S.E. la Sig. ra Rajae Naji (Marocco), S.E. il Sig. Jakob Štunf (Slovenia), S.E. il Sig. Martin Pascal Tine (Senegal), S.E. il Sig. Igor Žontar (Bosnia ed Erzegovina), S.E. il Sig. Henrique da Silveira Sardinha Pinto (Brasile), S.E. il Sig. Jorge Federico Zamora Cordero (Costa Rica).

L’ambasciatore di Ecuador presso la Santa Sede presenta le lettere credenziali

Il 24 marzo, Alicia de Jesus Crespo Vega, ambasciatore di Ecuador presso la Santa Sede, ha presentato le sue lettere credenziali a Papa Francesco.

Classe 1949, sposata e con quattro figli, ha avuto soprattutto compiti amministrativi o imprenditoriali. È attualmente direttore della Fondazione Casa della Misericordia dal 1995 e membro della Fundaciòn Resurger dal 2010.