Città del Vaticano , domenica, 27. marzo, 2022 14:00 (ACI Stampa).
"Da settimane sembra che sia scesa la sera. E, come i discepoli nella tempesta sul lago si sentono perduti, così noi oggi".
Sono passati due anni da quel 27 marzo 2020, una serata difficile, complicata, che contava tantissimi morti in Italia, più di 900 solo quel giorno, a causa del Covid19. L'Italia era in lockdown da settimane, tutto si era fermato, il lavoro, la scuola, per le città si sentivano solo forti le sirene di autoambulanze. Papa Francesco, da solo, in una Piazza San Pietro bagnata dalla pioggia, concedeva l'indulgenza plenaria a tutti i fedeli del mondo. Le chiese quei giorni erano chiuse, non si partecipava alle messe, era zona rossa, ai morti non veniva data l'estrema unzione e non veniva nemmeno celebrato il funerale. Si moriva da soli, senza l'affetto dei propri cari.
"Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi", queste le parole del Papa venerdì 27 marzo 2020 alle ore 18 circa.
Momenti duri a causa di quel virus che ad oggi conta 158.000 vittime totali solo in Italia e 6 milioni in tutto il mondo. Ora ci sono i vaccini, la vita ha ripreso a camminare, ma niente sarà certamente più come prima. Tanti di noi hanno perso un papà, un nonno, un amico, un sacerdote. Il Papa era arrivato al centro della piazza a piedi, da solo, ed era salito sul palco usato per l’udienza generale assistito da monsignor Guido Marini. Sembrava portare sulle spalle il peso delle preghiere e delle speranze del pianeta intero. Dopo la meditazione e l’adorazione eucaristica Francesco concedeva a tutti la Benedizione Eucaristica "urbi et orbi" e la relativa indugenza plenaria. Un momento quello, che è stato definito "storico" dal mondo intero. Immagini forti che nessuno riuscirà a dimenticare. Tutta la stampa internazionale ha parlato di quel pomeriggio davanti al Crocifisso miracoloso che guarì Roma dalla peste.
Risuonano ancora le parole di Papa Francesco: "La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di imballare e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente salvatrici, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità".