Arezzo , martedì, 15. marzo, 2022 9:00 (ACI Stampa).
“ La guerra per noi europei è percepita come qualcosa che sta da altre parti del mondo, ma mai in Europa. Noi europei ci pensiamo come quelli che hanno messo la guerra nei musei (...)la guerra è una realtà, disumana e inaccettabile, ma una realtà anche se da noi percepita lontana. Oggi non possiamo permetterci di pensare che non ci riguardi”.
Così inizia il messaggio di Franco Vaccari, presidente e fondatore di ‘Rondine – Cittadella della Pace’, sorta nell’omonimo piccolo borgo in provincia di Arezzo nel 1997, con lo scopo di promuovere una cultura di pace e di dialogo, in particolare lavorando con persone provenienti da paesi che vivono o hanno appena vissuto guerre e conflitti.
L’Associazione nasce intorno ad un’idea forte e originale: far convivere, in un luogo e in un contesto neutrali, ragazzi provenienti da paesi in conflitto e che nelle loro terre sarebbero potenziali nemici. In questo borgo toscano è sorto anche uno Studentato Internazionale, che accoglie giovani provenienti dal Caucaso, dai Balcani, dalla Federazione Russa, dal Medio Oriente e dalla Sierra Leone. Gli studenti, una volta terminato il loro percorso di studi, tornano nel loro paese di origine e farsi così portatori di un messaggio di dialogo.
Nel 2020 l’associazione ha conseguito il Premio Nazionale Nonviolenza “per essere riuscita a realizzare e mettere in pratica una metodologia efficace e concreta per il superamento del conflitto attraverso la conoscenza dell’Altro, il confronto e la reciproca consapevolezza della diversa visione della realtà. Vivere il conflitto come elemento costitutivo attraverso metodi di superamento delle opposte visioni per creare uno stato di pace dove, pur permanendo la diversità, si crea un’armonia conviviale e resistente”.
In questo particolare momento gli chiediamo di raccontarci la reazione degli studenti all’invasione russa dell’Ucraina: “A Rondine, come sempre in questi casi, cala un silenzio misto di disorientamento e frustrazione, perché sembra che ogni sforzo personale e collettivo sia vanificato. La guerra non è mai una risposta ad un conflitto, è un male assoluto. Eppure si ripete. Come sempre abbiamo cercato risposte insieme ai giovani dello studentato internazionale per non restare paralizzati dal dolore, non cedere alla rabbia, non ripiegare nell’indifferenza o nel cinismo. Parole e gesti; a volte piccoli o piccolissimi ma sempre tessuti sulla trama della cura delle relazioni che strappano terreno alla logica della costruzione del nemico. A partire dalle testimonianze di giovani che sono cresciuti nella logica della guerra e che si rifiutano di alimentare la sua tragedia umana”.