Roma , mercoledì, 2. marzo, 2022 17:13 (ACI Stampa).
Si è svolta in occasione del Mercoledì delle Ceneri la tradizionale processione penitenziale da Sant’Anselmo a Santa Sabina all’Aventino dove il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha presieduto la Messa. Il porporato ha letto l’omelia preparata dal Papa, che non ha potuto essere presente a causa di un problema al ginocchio.
“Il Signore – ha detto il porporato leggendo il testo papale - distingue due tipi di ricompensa a cui può tendere la vita di una persona: da un lato c’è la ricompensa presso il Padre e dall’altro la ricompensa presso gli uomini. La prima è eterna, è quella vera, definitiva, è lo scopo del vivere. La seconda, invece, è transitoria, è un abbaglio a cui tendiamo quando l’ammirazione degli uomini e il successo mondano sono per noi la cosa più importante, la maggiore gratificazione. Ma è un’illusione”.
“Chi guarda alla ricompensa del mondo – ha aggiunto - non trova mai pace e nemmeno sa promuovere la pace. Perché perde di vista il Padre e i fratelli. È un rischio che corriamo tutti”.
“Il rito delle ceneri – ha sottolineato il Cardinale Parolin a nome del Papa - vuole sottrarci all’abbaglio di anteporre la ricompensa presso gli uomini alla ricompensa presso il Padre. Questo segno austero, che ci porta a riflettere sulla caducità della nostra condizione umana, è come una medicina dal sapore amaro ma efficace per curare la malattia dell’apparenza. Si tratta di una malattia spirituale, che schiavizza la persona, portandola a diventare dipendente dall’ammirazione altrui. È una vera e propria schiavitù degli occhi e della mente che induce a vivere all’insegna della vanagloria, per cui quel che conta non è la pulizia del cuore, ma l’ammirazione della gente; non lo sguardo di Dio su di noi, ma come ci guardano gli altri. E non si può vivere bene accontentandosi di questa ricompensa. Il guaio è che questa malattia dell’apparenza insidia anche gli ambiti più sacri”.
Preghiera, carità e digiuno non devono diventare autoreferenziali perché “in ogni gesto, anche nel più bello, può nascondersi il tarlo dell’autocompiacimento. Tutto può diventare una sorta di finzione nei confronti di Dio, di sé stessi e degli altri. Per questo la Parola di Dio ci invita a guardarci dentro, per vedere le nostre ipocrisie. Facciamo una diagnosi delle apparenze che ricerchiamo; proviamo a smascherarle”.