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Diplomazia pontificia, la guerra in Ucraina, un anniversario in Congo

La guerra in Ucraina lascia sgomenti diplomatici e organizzazioni religiose. Gli appelli e le iniziative. In Repubblica Democratica del Congo, celebrato l’anniversario dell’uccisione dell’ambasciatore italiano Attanasio

Bandiera della Santa Sede | Bandiera della Santa Sede | Andreas Dueren / CNA Bandiera della Santa Sede | Bandiera della Santa Sede | Andreas Dueren / CNA

Il Cardinale Pietro Parolin ha chiesto pace in Ucraina in una dichiarazione resa a Vatican News, sostenendo la necessità di riprendere una via negoziale, mentre Papa Francesco è andato direttamente a parlare all’ambasciata russa presso la Santa Sede lo scorso 25 febbraio, sincerandosi della condizione della popolazione. Di certo, la guerra in Ucraina è un duro colpo per la diplomazia della Santa Sede, che fino a poco tempo cercava di mantenere rapporti cordiali con la Russia, come testimoniava un viaggio dell’arcivescovo Gallagher nel Paese a novembre 2021. Sarà da vedere se la guerra andrà anche a toccare l’incontro tra Papa Francesco e Kirill che si stava organizzando per i prossimi mesi.

In un mondo che sta drammaticamente cambiando, da notare che gli scenari di guerra, palesi e non, sono molteplici. È una guerra mondiale a pezzi, come ha detto più volte Papa Francesco. Ed è uno scenario difficilissimo quello in Repubblica Democratica del Congo, dove il nunzio Ettore Balestrero ha celebrato il primo anniversario dell’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio.

Altre notizie: si va verso una normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Turchia; uno sguardo al Libano, con una particolare attenzione verso la questione di Hezbollah; la restituzione delle proprietà cristiane in Iraq; la questione delle relazioni Taiwan – Santa Sede e come la crisi ucraina può essere un ballon d’essai per Pechino.

Infine, una nota interna: le variazioni dell’Annuario Pontificio hanno dato notizia di alcuni spostamenti in nunziature e Segreteria di Stato vaticana.

                                                FOCUS UCRAINA

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Ucraina, le reazioni diplomatico religiose

La guerra in Ucraina suscita diverse reazioni internazionali. Papa Francesco ha anche telefonato all’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, Sviatoslav Shevchuk, dicendogli che “vuole fare il possibile” per aiutare nel conflitto, e il 25 febbraio, in maniera del tutto irrituale, si è recato personalmente all’ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede.

Diverse le reazioni dei leader religiosi. Il Patriarca Bartolomeo, di Costantinopoli ha condannato l’attacco non provocato della Russia contro l’Ucraina, e ha chiamato il metropolita Epifanyi, che guida la Chiesa Ortodossa Russa. Ma una posizione non del tutto a favore della guerra l’ha espressa anche il Patriarca Kirill di Mosca, che ha espresso anche la preoccupazione che non ci siano vittime civili, e ha fatto appello “a vescovi, pastori, monaci e laici con un appello a fornire tutta l’assistenza possibile a tutte le vittime, compresi i rifugiati, le persone rimaste senza riparo e mezzi di sussistenza”, ricordando la storia “comune e secolare” che unisce Russia e Ucraina a partire dal battesimo della Rus’ di Kiev.

Sul fronte cattolico, da segnalare la dichiarazione del Cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE), che si è detto “profondamente preoccupato dagli ultimi rapporti delle azioni militari nella Federazione Russa in Ucraina” e a nome dei vescovi della COMECE ha “ribadito la fraterna vicinanza e solidarietà alle persone e istituzioni di Ucraina”, appellandosi alle autorità russe affinché evitino “ulteriori azioni ostili che possano infliggere anche più sofferenza e mancanza di riguardo ai principi della legge internazionale”.

La guerra – ha detto il Cardinale Hollerich – “è un grave affronto alla dignità umana e non ha posto nel nostro continente”.

La COMECE ha quindi chiesto urgentemente alla comunità internazionale “di non smettere di cercare la soluzione pacifica a questa crisi attraverso il dialogo diplomatico”. Inoltre, ha fatto appello alle società europee, in vista della enorme crisi umanitaria che si prospetta, di “accogliere i rifugiati che lasciano la loro terra natale in Ucraina dalla guerra e dalla violenza in cerca di protezione internazionale”.

More in Mondo

Il vescovo Oleg Butkevich, di Vitebsk, presidente della Conferenza Episcopale bielorussa, ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede dal profondo del cuore “la misericordia e il perdono di Dio per noi, suoi figli, che non sappiamo risolvere pacificamente i nostri malintesi e governare le nostre malate ambizioni, per mettere fine al conflitto fratricida che potrebbe trasformarsi in una catastrofe più globale nell'attuale situazione internazionale”.

L’arcieparca Borys Gudzyak, che guida l’arcipearchia greco-cattolica di Philadelphia, Stati Uniti, ha rilasciato negli scorsi giorni una lunga intervista al settimanale cattolico croato Glas Koncila.

Nell’intervista, Gudziak ha ricordato che l’Ucraina è un confine tra la democrazia europea e l’aggressiva nostalgia del Cremlino per un passato sovietico, e che il presidente russo Vladimir Putin “non ha paura del potere militare ucraino”, come dimostra la sua annessione dell’Ucraina nel 2014.

Secondo l’arcieparca Gudzyak, c’è stata per secoli “una tendenza di politici, ideologi e leader di Chiesa russi di appropriarsi degli aspetti fondativi della storia e identità ucraine”, e che una delle ragioni per cui Putin vuole l’Ucraina è per “appropriarsi della eredità di Kiev”, dato che “la storia russa è più corta e povera senza gli eventi e i risultati che hanno avuto luogo in quella che oggi è l’Ucraina”.

                                                FOCUS AFRICA

Repubblica Democratica del Congo, un anno dalla morte dell’ambasciatore Attanasio

Lo scorso 22 febbraio, l’arcivescovo Ettore Balestrero, nunzio apostolico Repubblica Democratica del Congo, ha celebrato una Messa per il primo anniversario dell’uccisione in Congo dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo.

Nella sua omelia, il nunzio ha sottolineato che quelli che hanno conosciuto le tre vittime “li ricordano con stima e affetto”, ha chiesto “che si faccia luce e giustizia su quello che è successo”, per le vittime, per le loro famiglie, per chi ogni, giorno come loro, mette a rischio la propria vita, ma anche ”all’opinione pubblica mondiale, che ha imparato a conoscerli e ad apprezzarli”.

La preghiera, dice il nunzio Balestrero, non è solo per Luca, Vittorio e Musapha, ma anche per quelle 8 persone in media che, secondo le statistiche dell’ONU, ogni giorno hanno perso la vita, proprio nel corso dell’anno trascorso dopo questa tragedia”, sacrificate “dalla stessa violenza e dalla stessa mancanza di scrupoli, talvolta in luoghi neppure troppo distanti da quello dove hanno perso la vita i nostri amici”.

L’arcivescovo Balestrero chiede dunque di pregare “per tutti coloro che, soprattutto in Congo, mantengono accesa la fiaccola di Luca, di Vittorio e di Mustapha”, impegnandosi “per la nobile causa della pace” ed essendo “attenti a chi vive nel bisogno”.

Nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro, il nunzio ricorda che “la fede di Pietro nella Risurrezione diventa la sola luce che può veramente illuminare e dare un senso alla tragedia che oggi ricordiamo e tante altre tragedie che dilaniano il Congo! Soltanto questa fede ci permette di credere che l’ultima parola nella storia degli uomini sarà quella dell’amore e della pace e ad essere convinti che non si tratta solo di una pia illusione. La Risurrezione è un fatto!”

In Congo, prosegue il nunzio, “si può avere l'impressione di trovarsi di fronte a un vero e proprio ‘oceano’ di male, di odio, di violenza; le tante vittime hanno diritto alla giustizia”. Questo non deve scoraggiare, spiega, perché “Dio non può ignorare il grido degli oppressi e di coloro che sono vittime dell’ingiustizia”, e “l’odio e la violenza non possono mai essere giustificati”.

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L’arcivescovo Balestrero nota che i congolesi “on possono rimuovere i ricordi, ma possono purificare la memoria e sforzarsi tutti insieme di togliere ciò che avvelena la coscienza, per cominciare una nuova vita ed avere un futuro migliore”.

Per il nunzio, la fede di Pietro dà “la certezza che Dio è entrato nel nostro mondo”, anche in Congo, ricordando sempre che “la fede cristiana porta una nuova idea di giustizia, ​​che non si accontenta più di punire e di vendicare, che non consente d’ignorare i soprusi, ma spinge ad affrontarli, arriva a conciliare e a sanare conflitti e odi e, così facendo, è molto più potente dell’odio, perché trasforma la realtà, anziché distruggerla, e vince il male”.

È proprio grazie a questa fede, conclude il nunzio, che “le fiamme dell’odio, della viltà e della codardia non prevalgono sull’oceano della verità e del bene che si trovano pure in Congo”.

Sud Sudan, la Chiesa cattolica guarda con attenzione al processo per l’attentato al vescovo di Rumbek

L’arcivescovo Hubertus van Megen, nunzio apostolico in Kenya e Nigeria, ha sottolineato che la Chiesa cattolica guarda con attenzione al processo per l’attentato al vescovo eletto della diocesi di Rumbek Christian Carlassare.

“Dobbiamo – ha detto – porre fiducia al sistema giudiziario del Sud Sudan. Ovviamente, i cattolici seguiranno il processo da vicino. Tuttavia, ancora una volta, è tutto nelle mani del Sud Sudan”.

L’arcivescovo van Megen ha detto che la Chiesa è pronta a riconciliarsi con quanti fossero riconosciuti colpevoli di aver sparato al vescovo Carlassare. Questi era stato gambizzato nella ‘aprile 2021.

                                                FOCUS ASIA

Relazioni Santa Sede – Taiwan, gli sforzi da fare

Mentre Arnaldo Catalan, officiale più alto in grado della nunziatura della Santa Sede a Taiwan, veniva nominato nunzio in Rwanda, l’ambasciatore di Taipei presso la Santa Sede Matthew Lee veniva confermato nel suo incarico per altri tre. La decisione deriva dal fatto che un ambasciatore di Taiwan può mantenere la sua posizione per massimo sei anni, prorogabile di altri tre. Dopo nove anni, e necessariamente lasciare. L’ambasciatore Lee lascerà, dunque, il suo incarico presso la Santa Sede nel 2024.

Secondo Thomas Tu, uno studioso taiwanese delle relazioni diplomatiche della Santa Sede, il cambiamento dei vertici della nunziatura a Taiwan, nonché il continuo immischiarsi della Cina nelle relazioni tra Taiwan e la Santa Sede, potrebbero arrivare a “cambiare le relazioni con il solo partner diplomatico in Europa”.

Anche le relazioni tra Ucraina e Russia possono rappresentare un ballon d’essai, perché dalla reazione la Cina comprenderà in che modo gestire le sue relazioni con Taiwan. Attualmente, la Cina interferisce continuamente con la difesa aerea di Taiwan, creando tensioni, e potrebbe utilizzare questa situazione in Europa per derubare Taiwan dei suoi partner diplomatici europei, per esempio di convincere la Lituania a terminare i suoi amichevoli gesti diplomatici verso Taiwan.

Tu sottolinea che ci sono “12 milioni di cattolici in Cina, e solo 200 mila a Taiwan, e per questo il Vaticano deve applicare più sforzi alla cura pastorale dei cattolici cinesi, specialmente considerando la mancanza di libertà religiosa e le restrizioni e imprigionamento che possono affrontare”.

Questi sforzi si sono concretizzati in una serie di atti: il 22 settembre 2018, Santa Sede e Cina hanno firmato un accordo provvisorio per la nomina dei vescovi; il 14 febbraio 2020, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, si è incontrato con il suo omologo cinese Wang Yi per un bilaterale a margine della Conferenza di Sicurezza di Monaco, in quello che è stato il primo incontro tra due ministri degli Esteri di Vaticano e Pechino dal 1952.

E ancora: nell’ottobre 2020, la rivista dei gesuiti America ha riportato che la Sana Sede stava pianificando un incontro tra il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e il primo ministro cinese Li Keqiang, con la speranza di aprire un ufficio permanente di rappresentanza a Pechino e di avere una delegazione cinese in Vaticano.

Il 22 ottobre 2020, l’accordo tra Santa Sede e Cina per la nomina dei vescovi era stato ulteriormente prorogato per due anni. Scadrà il 22 settembre di quest’anno.

Secondo Tu, “date le dinamiche della diplomazia della Santa Sede verso la Cina, è difficile trovare ragioni perché ci si fermi di muoversi in quella direzione”. E quindi, si chiede Tu, se la rotazione di incaricati di affari a Taiwan possa “porre a rischio le continue relazioni bilaterali” e anche chi sarà “il prossimo ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede”, perché serve qualcuno che “comprenda la missione vaticana in Cina, Hong Kong, Macao, Taiwan e nella più grande regione cinese.

E questo perché “magari per il ministero degli Esteri cinese, la Santa Sede non è così importante quanto gli Stati Uniti e il Giappone, ma perdere i legami diplomatici con il Vaticano sarebbe un colpo simbolico alle relazioni estere di Taiwan.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

La Santa Sede chiede di togliere Hezbollah dalle organizzazioni terroriste

Secondo la rivista libanese al-Akhbar, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano avrebbe chiesto lo scorso mese ad aprile di eliminare il movimento di Hezbollah dalla lista delle organizzazioni terroriste degli Stati Uniti e di altri Paesi.

La richiesta sarebbe arrivata durante il viaggio in Libano dell’arcivescovo Gallagher, ad un incontro con funzionari della Chiesa libanese, durante il quale Gallagher avrebbe chiesto anche il coinvolgimento del movimento di resistenza islamico nella ricostruzione del Paese.

Gallagher avrebbe anche parlato dell’importanza di intavolare un dialogo con Hezbollah sulla situazione interna in Libano e di migliorare le relazioni con il movimento libanese, definito – sempre secondo le fonti di al-Akhbar –come “una parte essenziale del Libano e dei libanesi”, mettendo in luce l’importanza della convivenza di musulmani e cristiani per il futuro del Paese”.

L’Unione Europea considera Hezbollah “un gruppo terrorista”, e nel corso di questi anni ha lavorato per ridurne la popolarità in Libano, includendo varie banche e figure di spicco libanesi nella lista delle sanzioni per supposti vincoli con Hezbollah.

Hezbollah è fortemente criticato anche dal Cardinale Bechara Rai, patriarca dei maroniti, che in una intervista con ACI Stampa del 25 febbraio li ha criticato il movimento per essere troppo legato ad interessi iraniani – un tema, questo, che è stato affrontato anche dall’incontro di Gallagher con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede di ritorno al suo viaggio in Libano.

Hezbollah è uno dei movimenti politici più grandi del Libano, ha la maggioranza in Parlamento e ha molti membri nel governo del Libano.

Iraq, restituire agli iracheni cristiani sono state restituite

Sono oltre 120 i beni restituiti a cristiani e sabei in Iraq, dopo che erano stati espropriati in precedenza da mafie o bande locali. Lo ha riferito il Comitato per la restituzione delle proprietà cristiane e sabee il quale, in collaborazione con l’Esercito del Mahdi [le ex Brigate della pace Saraya al-Salam, ndr] entrambe agli ordini del leader sciita Muqtada al-Sadr, ha supervisionato l’iter di restituzione.

Lo scorso 21 febbraio si è tenuto l’atto ufficiale di restituzione. L’iniziativa di restituire i beni ai cristiani è stata lanciata all’inizio dello scorso anno da al-Sadr, con l’obiettivo di ristabilire la giustizia. Le case e le proprietà erano state sottratte ai cristiani a seguito dell’esodo di molti cristiani dall’Iraq a seguito dell’invasione statunitense del 2003. L’esodo nascosto dei cristiani durante la Seconda Guerra del Golfo ha ridotto di un terzo la presenza cristiana nel Paese, un fenomeno stigmatizzato anche nel 2015 da una lettera pastorale del Cardinale Louis Rapahel Sako, patriarca di Baghdad.

                                                FOCUS EUROPA

Santa Sede – Kosovo, incontro di Gallagher con Primo Ministro e Ministro degli Esteri

Il 19 febbraio, a margine della Conferenza della Sicurezza di Monaco, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha incontrato il primo ministro del Kosovo Vjosa Osmani and il ministro degli Esteri Donika Gervalla. Ne dà notizia il ministero degli Esteri di Pristina.

Il ministero degli Esteri ha fatto sapere che “il Kosovo è impegnato nell’avanzare le relazioni con la Santa Sede su questioni di mutuo interesse”. Il ministro degli Esteri Osmani ha scritto che “durante l’incontro abbiamo espresso la nostra prontezza a stabilire più stretta cooperazione con la Santa Sede.

                                                FOCUS AMERICA LATINA

Colombia, la Conferenza Episcopale contro la legge sull’aborto

I vescovi della Colombia si sono detti perplessi e addolorati a seguito della nota della Corte Costituzionale secondo la quale "la condotta dell'aborto sarà punibile solo quando sarà eseguita dopo la ventiquattresima (24) settimana di gestazione e, in ogni caso, questo termine non sarà applicabile ai tre casi di cui alla sentenza C-355 del 2006". Una posizione, quella della Corte, criticata anche dal presidente della Colombia Ivan Duque.

In una nota, la Conferenza Episcopale di Colombia ricorda che “in molte occasioni, la realtà dell'aborto risponde ai drammi che causano molteplici difficoltà e angosce alla madre e al suo ambiente”, e che “quando la donna é vittima, è ragionevole che sia la società civile che l’ordinamento giuridico cerchino la sua difesa e protezione”.

Allo stesso tempo, i vescovi affermano che “la rivendicazione di un diritto cessa di essere legittima se implica negare o calpestare diritti altrui. Non si può nascondere o minimizzare il fatto che ogni gravidanza implica l'esistenza di un altro essere umano, diverso dalla madre, indifeso e vulnerabile, che a sua volta ha il diritto di far parte della famiglia umana”.

I vescovi concludono che “ritenere che i diritti alla vita e a ricevere la protezione dello Stato, tutelata dalla Costituzione, non lo coprano dal momento del suo concepimento, è un affronto alla dignità umana”, e dunque la sentenza della Corte costituzionale “mette a rischio lo stesso fondamento del nostro ordine sociale e lo Stato di diritto. L’aborto diretto è un atto immorale e una pratica violenta contraria alla vita”.

I vescovi si chiedono anche se non ci possano essere altre strade che salvaguardino la vita delle madri e dei loro figli, ricordando che secondo la Costituzione ogni colombiano ha il dovere di operare secondo il principio della solidarietà sociale, rispondendo con azioni umanitarie alle situazioni che mettono in pericolo la vita o la salute delle persone.

                                                FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Segreteria di Stato e nunziature, chi parte e chi va

Le variazioni dell’Annuario Pontificio di questo mese danno conto di una serie di spostamenti in Segreteria di Stato da e verso le nunziature.

Prima di tutto, chi arriva. Va a servire nella Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato monsignor Mario Codamo, finora in servizio presso la nunziatura apostolica in Romania. 

In Seconda Sezione, ovvero la sezione per i Rapporti con gli Stati, arriva monsignor Joseph Grech, finora nella Missione Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna. Arriva in seconda sezione anche monsignor

Mihăiţă Blaj, proveniente, invece, dalla nunziatura in Ciad.

Lascia la Seconda Sezione per andare a servire nella nunziatura in Tanzania monsignor Richard Ghyra, che prima di servire in Segreteria di Stato era stato nella Missione Permanente della Santa Sede a Ginevra.

Lascia l’India monsignor Robert Murphy, che precedentemente era segretario del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Il suo prossimo incarico è alla Missione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, guidata dall’arcivescovo Gabriele Caccia. Missione che ha perso monsignor David Charters e padre Roger Landry, che hanno avuto nuovi incarichi.

Il posto di Blaj alla nunziatura in Ciad è stato preso da monsignor Monsignor Matjaž Roter, proveniente dalla nunziatura in Canada. Questi è stato a sua volta sostituito in Canada da monsignor Antonus Prikulis, che era precedentemente nella nunziatura in Brasile. Il suo postto è preso da monsignor Javier Camanens Florens, che finora era nalle missione permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa.

Lascia la nunziatura in Ucraina monsignor Sebastiano Sanna e va a servire nella nunziatura della Repubblica Federale di Germania. Il suo posto è preso da Maria Joseph Reddy Maramreddy, proveniente dalla nunziatura apostolica in Ucraina.

Ancora, monsignor Simon Kassas lascia la rappresentanza pontificia di Algeria e prende il posto di monsignor Grech alla Missione Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna.

Monsignor Kevin Justin Kimtis si sposta dalla nunziatura in Benin a quella in India, dove prende il posto di monsignor Murphy. Ed entra nel servizio diplomatico padre Alexis Omar Romero Orellana, che comincia la sua carriera diplomatica come addetto di nunziatura in Benin.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede all’ONU a New York, ritornare alla vita pre-COVID

Il 15 febbraio, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, è intervenuto durante il dibattito generale della 60esima sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale. Il dibattito si è tenuto in forma virtuale dal 7 al 16 febbraio, e il tema era “Recupero inclusivo e resiliente dal COVID 19 per stili di vita sostenibili: benessere e dignità per tutti, sradicare la povertà e la fame in tutte le loro forme e dimensioni per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.

Proprio l’agenda 2030 – ha detto l’arcivescovo Caccia – considera “lo sradicamento della povertà come la più grande sfida globale”, una sfida accresciuta dalla pandemia che ha creato moltissimi nuovi poveri. La povertà – ha detto – “non è solo finanziaria, ma include una mancanza di risorse di base come l’alloggio, l’elettricità, l’acqua potabile, l’igiene, la saluta e l’educazione”:

L’arcivescovo Caccia si è soffermato sulla chiusura delle scuole durante la pandemia, “che hanno colpito bambini e famiglie in modo disproporzionato, così come la distruzione dei programmi di pasti scolastici, che ha esacerbato il problema generale della cibo sciuro e della malnutrizione”.

Ma secondo la Santa Sede, la pandemia ha proprio colpito le catene di rifornimenti alimentari, cosa che ha portato ad una “drammatica crescita nei prezzi del cibo”. Per questo, la Santa Sede chiede che cibo e diete sane siano accessibili e alla portata di tutti, e ha incoraggiato “politiche pe stimolare occupazione, assicurare investimenti nel servizio pubblico, supportare la famiglia, rafforzare i servizi di protezione sociale nazionale, accrescere l’accesso all’educazione di qualità e cura dei bambini accessibile, e di rafforzare la resilienza e l’adattamento dei fattori di familia e alti produttori di bassa scala.

Secondo la Santa Sede, serve soprattutto “una rinnovata etica del bene comune” per affrontare “le ineguaglianze strutturali di oggi e assicurare che gli sforzi per lo sviluppo davvero incorporino i bisogni dei poveri”.

Santa Sede all’ONU di New York, il rapporto sull’Agenda Comune

Il rapporto “La nostra agenda comune” è stato pubblicato lo scorso 10 settembre dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Il rapporto metteva in luce la visione del segretario generale sul futuro della cooperazione globale e il rinvigorimento del multilateralismo.

L’assemblea generale ha accolto il rapporto il 15 novembre, chiedendo al segretario generale di affrontare consultazioni ampie ed inclusive sulle sue proposte.

Il 23 dicembre, Abdulla Shahid, presidente dell’assemblea generale, ha detto che queste consultazioni sarebbero state raggruppate cinque macro temi: l’accelerazione della spinta per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile; il finanziamento e la fiducia per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile; il quadro per un mondo di pace; la protezione del nostro pianeta; lo sviluppo della cooperazione internazionale.

Il 10 febbraio si è tenuto un incontro sul primo tema, e l’arcivescovo Caccia ha ribadito la preoccupazione di Papa Francesco per la crisi della fiducia nel multilateralismo e nella credibilità dei sistemi sociali, governativi e intergovernativi, rimarcando la speranza che le cinque discussioni tematiche avrebbero portato l’agenda ad essere “veramente comune e condivisa a livello globale”.

L’arcivescovo si è anche concentrato sul “contratto sociale” delineato nel rapporto, ha affrontato questioni di diritti umani e di eguaglianza tra uomo e donna, e sulla proposta del Segretario generale di tenere un summit sull’educazione.

Il 14 febbraio, l’arcivescovo Caccia ha invece parlato al secondo gruppo tematico, affrontando i temi dello Stato di diritto, la disinformazione, le questioni economiche come il Pil, il bisogno di un sistema commerciale e una integrità finanziaria più trasparenti.