Roma , venerdì, 18. febbraio, 2022 18:00 (ACI Stampa).
Svoltando lungo una stradina laterale, dal cuore convulso di Amsterdam, da piazza Kalverstraat, si passa d’improvviso in una sorta di oasi di pace. Un cortile immobile nell’aria fredda e lucida della sera, lampioni dalle linee antiche e in questa luce nitida si staglia tutt’intorno il profilo di case a schiera che sembrano uscite direttamente da una stampa antica o da un quadro ottocentesco.
Case dalle facciate lunghe e strette, tetti spioventi, ampie finestre, piccoli fazzoletti di terra con piante e fiori. Si rimane imprigionati nell’atmosfera senza tempo che emana questo luogo incantato. E del resto in un luogo simile potrebbero essere ambientate molte fiabe della ricca tradizione nordica. Questo è invece il Begijnhof, il quartiere delle beghine, con il suo cortile chiuso del 14esimo secolo, con le case tipiche dell’architettura olandese e la chiesa al centro. Al tempo della sua probabile fondazione, nel Medioevo, il cortile era completamente circondato dai canali, con un unico ingresso, a cui si accedeva attraverso un ponte. La porta in pietra riporta sul timpano la figura di Sant’Orsola, patrona di queste donne dalla vita anticonvenzionale.
Ma chi erano le beghine e perché ancora sono capaci di avvincere, nonostante che il nome, nel tempo, sia stato usato in tono dispregiativo? Un libro appena ripubblicato offre l’occasione per riparlarne.
Si tratta del saggio “Le beghine. Una storia di donne per la libertà”, scritto da Silvana Panciera e pubblicato da Gabrielli Editore, in una nuova edizione riveduta e ampliata. Le beghine erano donne che non appartenevano ad un ordine ecclesiastico, ma avevano deciso di dedicare la loro vita all’assistenza dei bisognosi. Rinunciavano ad una vita privata, facendo voto di castità e unendosi in questa specie di comunità, ma potevano comunque uscire dal beghinaggio in qualsiasi momento. Vedove, giovani senza dote o comunque convinte di poter avere una vita piena e soddisfacente mettendosi a servizio del prossimo senza però entrare in ordini e congregazioni, senza vincoli ecclesiastici, insomma. A partire dal dodicesimo secolo, questa realtà si diffuse nell’Europa del Nord e le beghine, accettate e sconfessate a fasi alterne dalla Chiesa, vennero spesso accusate di eresia, perfino mandate al rogo come accadde nel 1310 alla mistica delle Fiandre Margherita Porete, una delle figure più famose con Hadewijck di Anversa, Maria d’Oignies, Mectilde di Magdeburgo.
Senza farne una lettura protofemminista, senza esaltare (com’è stato fatto spesso e volentieri) eventuali “tentazioni eretiche”, la scelta di queste donne nasceva in realtà da una fede profonda e dall’idea che si potessero creare comunità di mutuo sostegno per donne che volevano vivere la propria missione attraverso un’adesione libera e feconda.