Fu un autore molto prolifico: dal Commento alla Sacra Scrittura in trentatré volumi, a molte altre opere a carattere devozionale o ascetico.
Terziario francescano visse povero, umile, casto.
Chi lo ha conosciuto lo ricorda come l'uomo della mitezza e della preghiera.
Innamorato della Madonna ne divulgò la devozione con la parola e gli Scritti, tra cui alcuni dedicati alla preghiera del Santo Rosario, preghiera da lui particolarmente amata.
Oltre a ciò la sua spiritualità si contraddistingue per una forte amore al Cuore di Gesù ed uno speciale affidamento alla sua intercessione. Di particolare spessore è la preghiera scritta dal sacerdote e chiamata Atto di abbandono.
Composta dopo una serie di vicende dolorose che toccarono la sua vita religiosa ed umana, rappresenta il frutto della propria ascesi mistica.
Essa mette nella mani del Padre, le tribolazioni della vita e quanto altro di doloroso, trasformandolo in un momento di serenità, in quanto affidato alla potente mano del Padre.
Leggendo tali parole si resta ammirati dallo spirito che ha infiammato il presbitero, che spirò in quel lontano 19 novembre 1970, lasciando il ricordo della sua vita deposta ai piedi della Croce.
Il corpo di don Dolindo, com'era chiamato dai fedeli, riposa nella chiesa di San Giuseppe dei vecchi a Napoli, dove aspetta i molti volti che si rivolgono alla sua intercessione per una preghiera di speranza e fiducia nell'avvenire. E' in corso il processo di beatificazione.
Proponiamo il testo de l'Atto di abbandono:
“Gesù alle anime: Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.
Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io segua voi, e cambiare così l'agitazione in preghiera.
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Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero dalla tribolazione, e rimettersi a me perché io solo vi faccia trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, nell'altra riva.
Quello che vi sconvolge e vi fa un male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo ed il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge.
Quante cose io opero quando l'anima, tanto nelle sue necessità spirituali quanto in quelle materiali, si volge a me, mi guarda, e dicendomi: "pensaci tu", chiude gli occhi e riposa!
Avete poche grazie quando vi assillate per produrle, ne avete moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a me.
Voi nel dolore pregate perché io operi, ma perché io operi come voi credete... Non vi rivolgete a me, ma volete voi che io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma, che gliela suggeriscono.
Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater: