Città del Vaticano , lunedì, 30. marzo, 2015 14:45 (ACI Stampa).
Le chiamano “arti minori”, ma di piccolo c’è solo la dimensione. Oreficeria e argenteria hanno donato al mondo capolavori assoluti grazie ad artisti rinomatissimi. Basta pensare a Benvenuto Cellini o Nicola da Guardiagrele. Opere che troppo spesso rimangono negli armadi delle sagrestie, esposti solo per le feste patronali. Sculture preziose, come ricorda il titolo della mostra che i Musei Vaticani e la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Lazio hanno allestito nel Braccio di Carlo Magno e che sarà visibile fino al 30 giugno 2015.
Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo, memorie della fede che la Chiesa custodisce, lasciti inestimabili di civiltà e di storia. Un “museo diffuso” che diventa orgoglio del territorio. Ad andar per paesi, come cercatrici d’altri tempi, Anna Imponente e Benedetta Montevecchi della Soprintendenza dei Beni Artistici ed Etnoantropologici del Lazio. Un vero “tesoro” di antiche preziose sculture in argento, bronzo e rame dorati con gemme incastonate, opere sconosciute custodite nelle sacrestie o conservate nelle raccolte diocesane oltre che nelle Abbazie di Casamari e di Montecassino, in alcuni istituti religiosi e comuni del Lazio, sono testimonianze di fede costituite dagli straordinari capolavori di grandi artefici dovuti alla munificenza di committenti religiosi e laici.
La cosa che più colpisce ammirando questi ori e questi argenti è che la competenza non sempre era nobile. Spesso erano gli stessi paesi, con raccolte di fondi, a cercare un grande artista, che magari aveva già lavorato per il Papa o per qualche cardinale, per commissionare un reliquiario del santo patrono. Nascevano statue, reliquiari antropomorfi, ostensori, croci processionali, vasi sacri e suppellettili la cui decorazione privilegia il rilievo e la microscultura figurativa che coprono un arco temporale dal XIII al XVIII secolo.
Le opere in mostra sono 120 e la selezione privilegia oggetti di fattura talmente pregiata che sono in molti casi capolavori assoluti nel loro genere.
Simbolo della mostra la straordinaria statua equestre di S. Ambrogio martire in argento fuso e cesellato proveniente dalla Concattedrale di Ferentino, uno dei più importanti capolavori dell’oreficeria seicentesca. Una vera statua che richiama il Marco Aurelio del Campidoglio, all’epoca, da poco collocato al centro della piazza michelangiolesca.