Roma , venerdì, 4. febbraio, 2022 18:00 (ACI Stampa).
Un uomo affascinante, che piace a tutti, parla di pace e di fratellanza, mette d’accordo chiunque, contribuisce a diffondere un’idea “globale” di vita e di pensiero. E’ destinato a diventare il leader universale e ad aprire la via ad un’epoca di tranquillità generale e di prosperità. Un nuovo mondo? E davvero così felice? Il sospetto cresce, fino a diventare angoscia. A poco a poco alla speranza subentra l’incubo: il tempo della nuova Era diventa quello della nuova schiavitù. L’Anticristo è giunto alla ribalta del mondo.
Questo racconto da oltre 120 anni avvince, ispira, provoca stupore e inquietudine. È il racconto dell’Anticristo scritto da Vladmir Solov’ëv, nel 1900, da molti considerato il maggior pensatore russo. In realtà questo testo fa parte di un insieme di testi, “I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo”, recentemente riproposti dalla casa editrice Fede e Cultura. Secondo alcuni critici l’opera rappresenta l’apice ma anche il ripensamento di tutta la sua precedente riflessione. In queste pagine, scritte poco prima della morte, la fiducia nella storia espressa fino a questo punto viene sostituita da una più drammatica interpretazione del divenire entro l’orizzonte dell’agire umano. Se nei Tre dialoghi il bersaglio polemico di Solov’ëv è costituito soprattutto dal cristianesimo “zoppicante” di Tolstoj, il Racconto dell’Anticristo è un testo che continua a inquietare per la chiaroveggenza con cui ci rivela il volto – o, meglio, uno dei volti – dell’Anticristo nell’epoca moderna. Figura-chiave di ogni visione apocalittica, spesso banalizzata o resa fantascientifica, essa rivela le paure e i pericoli che l’uomo corre, soprattutto a partire dal Novecento, “secolo breve” e sanguinoso.
E proprio l’Anticristo entra con tutta la sua forza dirompente nella storia che si è progressivamente desacralizzata, che ha perduto l’orizzonte del trascendente, che rischia perennemente di cadere nel vuoto, nella frammentazione continua in cui religioni, culture, tradizioni, finiscono in una sorta di “frullatore” , da cui tutto viene diffuso come una sostanza liquefatta, senza che il significato di ogni cosa diventi comprensibile. In questo senso l’Anticristo di Solov’ëv, portatore di un’ideologia conciliatrice, ‘inclusiva’, capace di una quasi infinita capacità di allontanamento dalla Verità, appare particolarmente attuale e minaccioso proprio nel nostro tempo.
Solov’ëv , nell’affrontare la fondamentale questione della lotta del bene e del male, in quella che sarà la sua ultima opera, prevede che il secolo XX sarà “l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni”. Dopo, tutto sarà pronto affinché si dissolva “la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche”. Si arriverà così alla “Unione degli Stati Uniti d’Europa”. Che appare un minaccioso “monolite” che assorbirà ogni peculiarità e ogni differenza, imponendo un “pensiero unico”, apparentemente impegnato a superare i contrasti e le differenze, per rendere tutto simile e incapace di guardare in alto, per così dire. Gli scritti del pensatore russo influenzeranno molta letteratura a venire. Basterebbe pensare ad un romanzo-cult di molte generazioni e spesso citate dai Pontefici, compreso papa Francesco: ci riferiamo al “Padrone del mondo” di Robert H.Benson, fortemente influenzato dal maestro russo, in cui il “progetto” totalitario si svela a ritmo serrato, con un crescendo angosciante e del tutto coerente, tanto da provocare brividi premonitori, ogni volta che lo si rilegge.
Una guida sicura per comprendere meglio, per addentrarsi più a fondo nella fitta foresta simbolica di Solov’ev sono le parole del cardinale Giacomo Biffi che, nel 2000, nella rivista La Nuova Europa, scritto in occasione del centesimo anniversario della morte del pensatore. Biffi era un profondo conoscitore ed estimatore di Solov’ev. Tra i molti aspetti profetici dello scrittore Biffi sottolinea che “soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento. Egli la raffigura nella icona dell’Anticristo, personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un po’ tutti. In lui, come è qui presentato, non è difficile ravvisare l’emblema, quasi l’ipostatizzazione, della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni”.