Strasburgo , mercoledì, 26. gennaio, 2022 9:00 (ACI Stampa).
Era quasi scontato che non sarebbe finita. Così, dopo la decisione della Corte Europea dei Diritti Umani del 12 ottobre scorso, un gruppo di 24 vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti cattolici ha fatto ricorso alla Grane Chambre per chiedere di ribaltare la sentenza, e dunque stabilire che la Santa Sede può essere ritenuta responsabile degli abusi dei sacerdoti e dunque incriminata.
La Corte aveva stabilito che la Santa Sede non solo non poteva essere incriminata perché godeva dell’immunità degli Stati sovrani, ma non poteva nemmeno essere ritenuta responsabile dell’eventuale comportamento inadeguato dei vescovi belgi, né degli abusi.
Le vittime si erano rivolte alla Corte Europea dopo aver perso il ricorso contro i tribunali belgi. Hanno deciso di arrivare fino all’ultimo grado di giudizio, in una battaglia legale potenzialmente dispendiosa ma che trova il conforto di molte altre campagne simili.
I casi di abuso hanno infatti portato, da più parti, proprio all’idea di denunciare la Santa Sede, e persino di portare a testimoniare il Papa, o di considerare il Papa come responsabile perché i sacerdoti sarebbero suoi dipendenti. Era una strategia degli avvocati di creare clamore mediatico, forse, e cercare comunque di ottenere il massimo di risarcimenti. Ma, in questa strategia, si trova anche nascosto un attacco alla sovranità della Santa Sede.
Ad ottobre 2021, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva preso la decisione con il parere favorevole di sei giudici contro uno. Nella sua decisione, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha sottolineato che la Santa Sede è riconosciuta avere gli attributi comune di uno Stato sovrano, e che ha relazioni diplomatiche con 185 Stati nel mondo.