Città del Vaticano , lunedì, 2. novembre, 2015 16:44 (ACI Stampa).
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Quando a maggio del 2012 scoppiò il caso “vatileaks”, con la pubblicazione in un libro di alcune carte private di Benedetto XVI sembrava un evento irreale. Come poteva una persona vicina al Papa, che viveva con lui ogni giorno come il suo aiutante di camera, tradire la sua fiducia e trafugare documenti da dare a dei giornalisti? E soprattuto perché?
La notizia della fuga di documenti non arrivò all’improvviso. Per mesi alcuni pubblicarano anticipazioni, piccoli “assaggi” fino all’exploit finale.
Il Papa volle subito istituire una commissione di tre cardinali per indagare, al fianco della Gendarmeria vaticana. All’epoca nella legislazione vaticana non c’erano norme specifiche per questo tipo di reato, e il procedimento cardinalizio prima e giudiziario poi, seguì la strada del “furto”.
Molti pensarano ad un attacco a Papa Benedetto, qualcosa di personale, altri ad una “crisi della Chiesa” cosa del tutto assurda, ma usata da chi confonde la Chiesa cattolica con la Curia romana.