Padova , lunedì, 10. gennaio, 2022 18:00 (ACI Stampa).
Splende come una gemma, grande e sfaccettata, all’interno del grande salone dei vescovi il polittico del Battistero del Duomo di Padova, appena restaurato. Al centro sfavilla, letteralmente, la figura della Madre di Dio con in braccio il Bambino, ai lati episodi della vita di Giovanni Battista, sopra e sotto la raffigurazione di Maria il battesimo di Gesù e la deposizione dalla croce.
Un itinerario artistico-dottrinale che porta al cuore della fede. L’opera è quella di Giusto de Menabuoi, grande maestro e protagonista della straordinaria stagione artistica del Trecento italiano e ora disponibile a “incontri ravvicinati” con i visitatori della mostra “Giusto da vicino”, promossa e organizzata dalla Diocesi di Padova (Museo diocesano e Ufficio beni culturali), parrocchia di Santa Maria Assunta nella Cattedrale, Mic – Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso; è stata curata da Andrea Nante, Monica Pregnolato, Moira Pegoraro, Francesca Faleschini e realizzata grazie al sostegno del Comune di Padova.
Bisogna tornare ai tempi complessi, oscuri e insieme splendenti del Medioevo in questa parte del Nord Italia, in cui è fiorita la grande stagione dei comuni, che però si sta già trasformando in un nuovo tempo, quello delle signorie. Giusto, “pittore fiorentino” (così viene conosciuto) viene incaricato da Fina Buzzacarini, moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova, di decorare il Battistero del Duomo, che nei progetti della gran dama deve diventare mausoleo familiare. Le famiglie ricche e potenti, spesso gravate da molte cose da farsi eprdonare, gareggiano nel costruire chiese, cappelle, monumenti funebri tale grandezza e valore da sperare di acquistare indulgenza e perdono tra gli uomini e presso l’Onnipotente. All’interno dell’opera si progetta di collocare, secondo le tendenze dell’epoca, un grande polittico per celebrare la figura di san Giovanni Battista, che viene realizzato da Giusto e dalla sua bottega con molta probabilità in contemporanea con gli affreschi (1375-1378). Il risultato è vertiginoso: gli affreschi sono un capolavoro assoluto della pittura europea ( inseriti in Padova Urbs Picta – i cicli affrescati del XIV secolo di Padova – finalmente riconosciuti lo scorso luglio patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco). La loro bellezza, anch’essa restituita a nuovo splendore dopo un lungo restauro, proietta dal mondo terreno, dalla vita di Cristo e del suo Corpo, la Chiesa, fino agli orizzonti infiniti dell’eternità, fra le schiere dei beati, degli angeli, e la desolazione senza fine dei dannati, incatenati per sempre ai loro peccati senza pentimento. Il riflesso di questa visione si stempera nelle gamme cromatiche intessute di timbri brillanti e quasi ipnotici, delle trasparenze delle velature, della pennellata sottile e precisa che è divenuta la cifra del maestro.
L’esposizione, aperta fino al 3 aprile, è allestita nel Salone dei Vescovi, all’interno del circuito museale di palazzo Vescovile che per l’occasione si arricchisce anche di un’altra esposizione “Ecce Advenit” di tema più “natalizio”, con l’esposizione di 13 codici e 3 incunaboli, provenienti dalla Biblioteca Capitolare. Le opere, presentate in ordine cronologico, dal XIII al XVI secolo, propongono alcune feste del calendario liturgico, come l’Annunciazione, Visitazione, il Natale, l’adorazione dei Magi, la presentazione al Tempio, il battesimo di Gesù.
Torniamo alla meraviglia del polittico. Che ha dovuto sostenere un profondo intervento di restauro conservativo, dopo la rimozione dalla sua sede naturale, ossia il battistero, realizzato tra maggio 2020 e l’estate 2021 e sostenuto da Intesa Sanpaolo nell’ambito della XIX edizione del programma Restituzioni. Il restauro si è trasformato in un sorta di viaggio all’interno dei segreti di una bottega d’arte trecentesca, tra colori preziosi, sapienti tecniche di miscelatura delle tinte, cesellatura e studio delle figure. L’osservazione diretta dell’opera ha dato la possibilità di comprendere la struttura portante originaria, nonostante la perdita di alcuni elementi della cornice decorativa a causa di un furto avvenuto la notte del 18 maggio 1972: l’opera venne ritrovata pochi giorni dopo dai carabinieri del Nucleo investigativo di Padova, scomposta in dieci parti; non vennero però mai recuperate, appunto, alcune parti delle cornici.