Città del Vaticano , giovedì, 6. gennaio, 2022 10:42 (ACI Stampa).
"Da dove è partito il pellegrinaggio dei magi incontro a Gesù? Che cosa ha mosso questi uomini d’Oriente a mettersi in viaggio?". Inizia con queste domande l'omelia di Papa Francesco pronunciata durante la Celebrazione Eucaristica, nella Basilica di San Pietro, per la Solennità dell’Epifania del Signore.
"I magi viaggiano verso Betlemme. Il loro pellegrinaggio parla anche a noi: siamo chiamati a camminare verso Gesù, perché è Lui la stella polare che illumina i cieli della vita e orienta i passi verso la gioia vera. Avevano ottimi alibi per non partire. Erano sapienti e astrologi, avevano fama e ricchezza. Raggiunta una tale sicurezza culturale, sociale ed economica, potevano accomodarsi su ciò che sapevano e su ciò che avevano, starsene tranquilli", dice il Pontefice.
Invece decidono di seguire la stella. "Il loro cuore non si lascia intorpidire nella tana dell’apatia, ma è assetato di luce; non si trascina stanco nella pigrizia, ma è acceso dalla nostalgia di nuovi orizzonti. I loro occhi non sono rivolti alla terra ma sono finestre aperte sul cielo", commenta il Papa.
"Questa sana inquietudine, che li ha portati a peregrinare, da dove nasce? Dal desiderio. Ecco il loro segreto interiore: saper desiderare. Meditiamo su questo. Desiderare significa tenere vivo il fuoco che arde dentro di noi e ci spinge a cercare oltre l’immediato, oltre il visibile. È accogliere la vita come un mistero che ci supera, come una fessura sempre aperta che invita a guardare oltre, perché la vita non è “tutta qui”, è anche “altrove”. È come una tela bianca che ha bisogno di ricevere colore. Proprio un grande pittore, Van Gogh, scriveva che il bisogno di Dio lo spingeva a uscire di notte per dipingere le stelle. Sì, perché Dio ci ha fatti così: impastati di desiderio; orientati, come i magi, verso le stelle. Noi siamo ciò che desideriamo", sottolinea il Pontefice nella sua omelia.
Francesco commenta: "Ci fa bene chiederci: a che punto siamo nel viaggio della fede? Non siamo da troppo tempo bloccati, parcheggiati dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita? Le nostre parole e i nostri riti innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono “lingua morta”, che parla solo di sé stessa e a sé stessa? È triste quando una comunità di credenti non desidera più e, stanca, si trascina nel gestire le cose invece che lasciarsi spiazzare da Gesù, dalla gioia dirompente e scomodante del Vangelo".