Roma , mercoledì, 29. dicembre, 2021 16:00 (ACI Stampa).
“Non viviamo un Natale finto, per favore, un Natale commerciale! Lasciamoci avvolgere dalla vicinanza di Dio, questa vicinanza che è compassionevole, che è tenera; avvolgere dall’atmosfera natalizia che l’arte, le musiche, i canti e le tradizioni fanno scendere nel cuore”: cosi papa Francesco aveva detto alle delegazioni che avevano donato il presepio e l’albero di Natale, chiedendo di non inquinarlo con il ‘consumismo’.
Per comprendere meglio questa ‘sollecitazione’ del papa abbiamo domandato al teologo , Giuseppe Falanga, docente di Liturgia alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma ed autore di pubblicazioni e di numerosi articoli e recensioni in riviste scientifiche e divulgative, di spiegarci in quale modo è possibile:
“Il Santo Padre non fa altro che ripetere ciò che la Chiesa dice da sempre, soprattutto da quando la società dei consumi ha preso il sopravvento. Qui è in gioco anche il nostro essere veramente cristiani: lo shopping natalizio ci ha ‘dopato’ e non siamo più capaci di dire con fermezza che Natale non è una festa di routine, che ci mette ansia per quello che dobbiamo fare e comprare, ma un irrevocabile cambio di condizione nella vita degli uomini. Niente è stato più come prima da quella grotta dove sono accorsi pastori e magi. Natale è un annuncio di vita in tutti i sensi. E’ il tempo nuovo entrato una volta per sempre nella vita del mondo. E’ la speranza che non ha bisogno di contrapporsi alle miserie correnti, poiché le sovrasta e offre una visione e un orizzonte ‘diversi’… Natale, dunque, non è una ricorrenza da calendario. E’ la vita che continua a chiamare la vita, anche in tempi che sembrano bui”.
Il Natale è ‘patrimonio’ della cultura: perché c’è sempre il rischio di metterlo alla prova?
“Perché viviamo in un mondo globalizzato e sempre più ateo, secolarizzato, che sta perdendo i valori della tradizione, colpito da una forma ben più grave di pandemia, quella ‘spirituale’. L’umanità di oggi vive il tragico paradosso di aver superato vecchie frontiere e inimicizie e, allo stesso tempo, di aver innalzato nuove barriere, non solo fisiche ma anche di conoscenza e di accesso al sapere. Se si accantona il Natale, col pretesto che è una festa religiosa o per una falsa idea del ‘politicamente corretto’, si tradiscono proprio quei valori che si vogliono salvaguardare. Solo una cultura viva, allo stesso tempo fedele alle proprie origini e in stato di creatività, è capace di sopportare l’incontro con le altre culture, e anche di dare un senso a quell’incontro”.