Città del Vaticano , venerdì, 30. ottobre, 2015 13:23 (ACI Stampa).
Il martirio di Romero non si è fermato con la morte, è stato diffamato e calunniato anche dai suoi confratelli. Papa Francesco ha concluso così il saluto al pellegrinaggio da El Salvador ricevuto oggi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico.
Il Papa ha ricordato che l’arcivescovo di El Salvador recentemente beatificato è stato un martire non solo nel momento della morte, ma anche prima per le persecuzioni subite e dopo per le diffamazioni avvenute, ha detto il Papa, anche da parte di “confratelli nel sacerdozio e nell’episcopato”. E’ bello vedere come un uomo vive il martirio “anche dopo aver dato la sua vita” perché “solo Dio sa la storia delle persone e quante persone che hanno dato la propria vita continuano ad essere lapidate con la pietra più dura del mondo la lingua”.
Nel suo discorso il Papa ha riflettuto a lungo sul tema del martirio a cominciare dai primi tempi del cristianesimo: “ Il martire- ha detto- non è una figura relgata nel passato” piuttosto “è un nostro fratello una sorella che continua ad accompagnarco nel mistero della comunione dei santi.”
Papa Francesco ha ripercorso la storia del vescovo Romero e quella di Rutilio Grande, altr a importante figura della Chiesa di El Salvador gesuita ucciso nel 1977.
Il Papa, facendo sue le parole di Romero, ha ricordato i tanti fratelli che ancora oggi soffrono a causa dell’ odio, della violenza e della ingiustizia.