D’altronde in Grecia, dice il Papa, c’era “la gioia di coltivare la sapienza e di condividerne la bellezza”, seguendo una felicità “non individuale e isolata, ma che, nascendo dallo stupore, tende all’infinito e si apre alla comunità”.
L’Atene che guarda verso l’alto è un avviso all’Occidente che è sorto proprio lì, dove – dice Papa Francesco – “si tende a offuscare il bisogno del Cielo, intrappolati dalla frenesia di mille corse terrene e dall’avidità insaziabile di un consumismo spersonalizzante”.
Ma di fronte a questo Occidente senza Dio, ci troviamo di fronte a “questi luoghi ci invitano a lasciarci stupire dall’infinito, dalla bellezza dell’essere, dalla
gioia della fede”, da dove “sono passate le vie del Vangelo, che hanno unito Oriente e Occidente, Luoghi Santi ed Europa, Gerusalemme e Roma; quei Vangeli che per portare al mondo la buona notizia di Dio amante dell’uomo sono stati scritti in greco, lingua immortale usata dalla Parola – dal Logos – per esprimersi, linguaggio della sapienza umana divenuto voce della Sapienza divina”.
Dall’alto all’altro, agli storici che raccontano quello che vedono, allo sviluppo della polis e del concetto di cittadino come parte di comunità.
“Qui – dice Papa Francesco - è nata la democrazia. La culla, millenni dopo, è diventata una casa, una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all’Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta per tanti popoli”.
Eppure, denuncia Papa Francesco, non solo in Europa, ma ovunque si registra “un arretramento della democrazia”, che “domanda fatica e pazienza”, ed è complessa mentre “l’autoritarismo è sbrigativo e le facile rassicurazioni proposte dai populisti appaiono allettanti”.
Il Papa ammette che “in diverse società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo, stanchezza e malcontento portano a una sorta di “scetticismo democratico”, ma – sottolinea – “la partecipazione di tutti è un’esigenza fondamentale; non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma perché risponde a quello che siamo: esseri sociali, irripetibili e al tempo stesso interdipendenti”.
E ancora: c’è scetticismo democratico a causa della “distanza delle
istituzioni, del timore della perdita di identità, della burocrazia”. Ma – dice Papa Francesco – a questo non si trova rimedio con “la ricerca ossessiva di popolarità, la sete di visibilità, la proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma sta nella buona politica”.
Papa Francesco sottolinea che “la politica è cosa buona, e tale deve essere alla pratica”. E poi aggiunge che “affinché il bene sia davvero partecipato, un’attenzione particolare, direi prioritaria, va rivolta alle fasce più deboli”, e lo sottolinea rifacendosi ad uno dei padri dell’Europa, Alcide De Gasperi.
Papa Francesco chiede “un cambio di passo” proprio per guardare ai più vulnerabili e anche come risposta alle “paure e teorie per contrapporsi agli altri” che si diffondono “amplificate dalla comunicazione virtuale”.
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L’antidoto, per Papa Francesco, è di passare “dal parteggiare al partecipare; dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi attivamente per la promozione di tutti”. Questo passaggio deve, secondo il Papa, avvenire su vari fronti, dalla questione del clima, alla pandemia, al mercato comune e soprattutto alle povertà diffuse, e di questo ha “ha bisogno la comunità internazionale, per aprire vie di pace attraverso un multilateralismo che non venga soffocato da eccessive pretese nazionaliste”, ma anche “la politica, per porre le esigenze comuni davanti agli interessi privati”.
Sì, concede Papa Francesco, ma “il viaggio in un mare agitato è spesso l’unica via”, e “raggiunge la meta se è animato dal desiderio di casa, dalla ricerca di andare avanti insieme”, come si legge nell’Odissea.
Il Papa, dunque, entra nelle questioni concrete, e mostra apprezzamento per l’accordo di Prespa tra Grecia e Macedonia del Nord (un accordo raggiunto nel 2018 sotto l’auspicio delle Nazioni Unite e che ha risolto una contesa di lunga data sul nome della nazione con capitale Skopije, aprendo la strada alla sua partecipazione internazionale, ndr).
Poi c’è sempre il Mediterraneo, vero centro di questo viaggio, e le sue sponde fatte di ulivi, ulivi secolari che negli ultimi anni sono “bruciati, consumati da incendi spesso causati da condizioni metereologiche avverse, a loro volta provocate dai cambiamenti climatici” - e chi ha dimenticato gli incendi che a più riprese hanno colpito la Grecia, anche in quest’ultima estate?.
Ma è proprio l’albero di ulivo un possibile simbolo di “contrastare la crisi climatica e le sue devastazioni”, e lo dice la Bibbia, il ramoscello di ulivo portato a Noè dopo il diluvio universale che “era il simbolo della ripartenza, della forza di ricominciare cambiando stile di vita, rinnovando le proprie relazioni con il Creatore, le creature e il creato”.
Papa Francesco ribadisce il suo auspicio che “gli impegni assunti nella lotta contro i cambiamenti climatici siano sempre più condivisi e non siano di facciata, ma vengano seriamente attuati”. Ma l’ulivo nella Scrittura, nota il Papa, “rappresenta anche un invito a essere solidali, in particolare nei riguardi di quanti non appartengono al proprio popolo”. Uno spunto, per Papa Francesco, passare alla questione dei migranti: tantissimi ne sono stati accolti in Grecia, superiori agli abitanti stessi.