Il Papa ricorda che la prima grande inculturazione del Vangelo è cominciata proprio da Cipro, con Paolo, Barnaba (che veniva proprio da Cipro) e Marco, primi cristiani che “donarono al mondo con la forza mite dello Spirito un inaudito messaggio di bellezza”.
Papa Francesco sottolinea che Cipro ha una eredità particolare che deriva dalle beatitudini, ed è quello di “messaggero di bellezza tra i continenti”, perché “traluce di bellezza” nel territorio, ma anche “nell’architettura, nell’arte, in particolare sacra, nell’artigianato religioso, nei tanti tesori archeologici”.
Insomma, afferma il Papa, Cipro è “una perla di grande valore”, perché la perla “diventa quello che è perché si forma nel tempo”, e così “la bellezza di questa terra deriva dalle culture che nei secoli si sono incontrate e mescolate”.
Papa Francesco sottolinea che “la luce di Cipro ha molte sfaccettature”, composto da “tanti popoli e genti” ora arricchiti dalla presenza di molti immigrati. Ed è difficile “custodire la bellezza multicolore e poliedrica dell’insieme”, richiede “tempo e pazienza, domanda uno sguardo ampio che abbracci la varietà delle culture e si protenda al futuro con lungimiranza”.
Papa Francesco sottolinea l’importanza di “tutelare e promuovere ogni componente della società”, specialmente quelle che sono “statisticamente minoritarie”; chiede “un opportuno riconoscimento istituzionale” per alcuni enti cattolici, perché “il contributo che recano alla società attraverso le loro attività, in particolare educative e caritative, sia ben definito dal punto di vista legale”.
Se Cipro è una perla, deve far vedere la sua bellezza “in circostanze difficili”, perché
“nasce nell’oscurità, quando l’ostrica “soffre” dopo aver subito una visita inattesa che “ne mina l’incolumità, come ad esempio un granello di sabbia che la irrita”. E allora “per proteggersi reagisce assimilando quanto l’ha ferita: avvolge ciò che per lei è pericoloso ed estraneo e lo trasforma in bellezza, in una perla”.
E così “la perla di Cipro è stata oscurata dalla pandemia, che ha impedito a tanti visitatori di accedervi e di vederne la bellezza, aggravando, come in altri luoghi, le conseguenze della crisi economico-finanziaria”.
Ma non sarà con la foga che ci si riprenderà, ammonisce il Papa, ma piuttosto con “l’impegno a promuovere il risanamento della società, in particolare attraverso una decisa lotta alla corruzione e alle piaghe che ledono la dignità della persona”, come il traffico di esseri umani.
Papa Francesco però non manca di notare il problema principale di Cipro, la lacerazione che la vede il Paese con l’ultimo muro di Europa, con uno Stato indipendente turco autoproclamato al Nord del Paese. “Penso – dice Papa Francesco - al patimento interiore di quanti non possono tornare alle loro case e ai loro luoghi di culto. Prego per la vostra pace, per la pace di tutta l’isola, e la auspico con tutte le forze”.
Ma la via della pace è segnata dal “dialogo” e allora “dobbiamo aiutarci a credere nella forza paziente e mite del dialogo, attingendola dalle Beatitudini. Sappiamo che non è una strada facile; è lunga e tortuosa, ma non ci sono alternative per giungere alla riconciliazione”.
Papa Francesco invita ad “alimentare la speranza con la forza dei gesti, anziché sperare in gesti di forza”, spiega che “c’è un potere dei gesti che prepara alla pace”, che non è quello dei gesti di potere, ma quello di distensione, e per questo loda iniziative come il Religious Track of the Cyprus Peace Project, che cerca di coltivare dialogo tra i Capi religiosi – il Papa li incontrerà domani dopo la Messa.
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Papa Francesco ricorda che “proprio i tempi che non paiono propizi e nei quali il dialogo langue sono quelli che possono preparare la pace”, ed ancora lo spiega con la metafora della perla che “diventa tale nella pazienza oscura di tessere sostanze nuove insieme all’agente che l’ha ferita”.
“In questi frangenti – dice il Papa - non si lasci prevalere l’odio, non si rinunci a curare le ferite, non si dimentichi la situazione delle persone scomparse. E quando viene la tentazione di scoraggiarsi, si pensi alle generazioni future, che desiderano ereditare un mondo pacificato, collaborativo, coeso, non abitato da rivalità perenni e inquinato da contese irrisolte”.
Ancora, il Papa ribadisce l’importanza del dialogo, e prende come punto di riferimento il Mediterraneo, che ora è “luogo di conflitti e di tragedie umanitarie”, ma che è comunque “il Mare Nostrum, il mare di tutti i popoli che vi si affacciano per essere collegati, non divisi”.
E così, il Papa auspica che Cipro sia “un cantiere aperto di pace nel Mediterraneo”, ricordando che “la pace non nasce spesso dai grandi personaggi, ma dalla determinazione quotidiana dei più piccoli”. E questo in una Europa che “ha bisogno di riconciliazione e unità, ha bisogno di coraggio e di slancio per camminare in avanti”, perché “non saranno i muri della paura e i veti dettati da interessi nazionalisti ad aiutarne il progresso, e neppure la sola ripresa economica potrà garantirne sicurezza e stabilità”.
In fondo, dice Papa Francesco, a Cipro “incontro e accoglienza” hanno portato “frutti benefici di lungo termine”, e non solo per il cristianesimo di cui Cipro fu trampolino di lancio, ma anche per “la costruzione di una società che ha trovato la propria ricchezza nell’integrazione”, uno spirito di allargamento e di guardare oltre i confini che “ringiovanisce e permette di ritrovare la lucentezza perduta”.
Nel suo discorso, il presidente non aveva mancato di porre l’attenzione sul problema di Cipro, sottolineando come gli stessi ciprioti avevano sperimentato lo “sradicamento dalle loro terre” e allo stesso tempo sottolineando le convergenze tra il magistero del Papa e la sua azione di governo.