Roma , mercoledì, 24. novembre, 2021 9:00 (ACI Stampa).
I vescovi italiani sono in Assemblea plenaria e non rilasciano per ora dichiarazioni sulla vicenda del via libera al “suicidio assistito” di un tetraplegico delle Marche, da parte del Comitato etico dell’ Asur Marche. Una vicenda che si è combattuta soprattutto a livello legale e che crea un drammatico ulteriore precedente in Italia in mancanza di una legislazione. Il comitato etico dell'Asur Marche ha attestato infatti che il paziente possiede i requisiti per l'accesso legale al suicidio assistito.
A dare una indicazione dal punto di vista delle fede è una nota della Pontificia Accademia per la Vita che si ferma a riflessioni di ordine generale considerando che ancora non sono chiari i dettagli medici e legali.
La nota della Pontificia Accademia per la vita ricorda che “è certamente comprensibile la sofferenza determinata da una patologia così inabilitante” ma la domanda è “se la risposta più adeguata davanti a una simile provocazione sia di incoraggiare a togliersi la vita. La legittimazione “di principio” del suicidio assistito, o addirittura dell’omicidio consenziente, non pone proprio alcun interrogativo e contraddizione ad una comunità civile che considera reato grave l’omissione di soccorso, anche nei casi presumibilmente più disperati, ed è pronta a battersi contro la pena di morte, anche di fronte a reati ripugnanti?
Confessare dolorosamente la propria eccezionale impotenza a guarire e riconoscersi il nomale potere di sopprimere, non meritano linguaggi più degni per indicare la serietà del nostro giuramento di aver cura della nostra umanità vulnerabile, sofferente, disperata? Tutto quello che riusciamo ad esprimere è la richiesta di rendere normale il gesto della nostra reciproca soppressione?
Si pone, in altri termini, l’interrogativo – almeno l’interrogativo, se non altro per non perdere l’amore e l’onore del giuramento che sta al vertice di tutte le pratiche di cura – se non siano altre le strade da percorrere per una comunità che si rende responsabile della vita di tutti i suoi membri, favorendo così la percezione in ciascuno che la propria vita è significativa e ha un valore anche per gli altri. In tale linea, la strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l’insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. È la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’équipe curante.