Città del Vaticano , mercoledì, 28. ottobre, 2015 10:55 (ACI Stampa).
Udienza particolare per Papa Francesco. Si celebrano i cinquanta anni dalla dichiarazione conciliare “Nostra Aetate,” sul rapporto del cristianesimo con le religioni non cristiane, e i rappresentanti di varie religioni – che celebrano l’anniversario in un convegno internazionale alla Pontificia Università Gregoriana – affollano piazza San Pietro in una giornata di pioggia (per questo i malati guardano dall’Aula Paolo VI, dove sono - dice il Papa, prima di benedirli a distanza - "più comodi e tranquilli"). Invece del Vangelo, si legge un passo scelto della dichiarazione conciliare. E, tra i grandi risultati della dichiarazione, Papa Francesco ne individua uno in particolare: la trasformazione del rapporto tra cristiani e ebrei. Perché “da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli.” E chiede una ‘alleanza tra le religioni’ nelle opera di carità durante il Giubileo della misericordia, per rispondere ai problemi del mondo a partire dalla preghiera comune.
Il percorso verso la dichiarazione “Nostra Aetate” è menzionato dal Cardinal Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, all’interno del quale è inserito l’ufficio per i rapporto con il mondo ebraico. Il Cardinal Koch accenna all’incontro di San Giovanni XXIII con Jules Isaac, storico francese. La storia è nota: ebreo la cui famiglia era stata deportata ad Auschwitz nel 1943, Isaac era autore di un libro come Jésus et Israel, nel 1948, anno in cui era stato tra i fondatori della prima Amicizia ebraico-cristiana. Lui aveva conosciuto il Patriarca Roncalli attraverso una corrispondenza con Maria Vingiani, promotrice del dialogo ecumenico di cui fu pioniera nel 1947. E a Giovanni XXIII pensò subito per proporgli quella riforma del pensiero cristiano sull’ebraismo che lui riteneva necessario. L’udienza avvenne il 13 giugno 1960, Giovanni XXIII capì e incaricò il Cardinal Bea di studiare la possibilità di una dichiarazione. Sarebbe diventata la “Nostra Aetate.”
Da parte sua, il Cardinal Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, paragona il percorso di questo dialogo al percorso verso il monte preconizzato da Isaia, lì dove “il Signore strapperà il velo che copriva la faccia di tutti i popoli.” “Del cammino verso quel monte, un cammino faticoso, ma sempre esaltante, nei primi cinquanta anni, siamo testimoni eredi e protagonisti,” afferma il Cardinal Tauran.
Nell’udienza Papa Francesco ricorda l’esperienza del Concilio, una “lettura dei segni dei tempi in vista di un aggiornamento orientato da una duplice fedeltà: fedeltà alla tradizione ecclesiale e fedeltà alla storia degli uomini e delle donne del nostro tempo.”
Il Papa afferma che “il messaggio della ‘Nostra Aetate’ è sempre attuale,” sia per quanto riguarda “la crescent interdipendenza dei popoli,” sia il suo insegnamento “sull’unicità della commune famiglia umana” e delle “religioni come ricerca di Dio e dell’assoluto.” Altri elementi di attualità sono il fatto che “la Chiesa guarda con stima i credenti di tutte le religioni, apprezzando il loro impegno spirituale e morale,” e la sottolineatura che “la Chiesa, aperta al dialogo con tutti, è nello stesso tempo fedele alle verità in cui crede, a cominciare da quella che la salvezza offerta a tutti ha la sua origine in Gesù, unico salvatore, e che lo Spirito Santo è all’opera, quale fonte di pace e amore.”