Camerino , lunedì, 22. novembre, 2021 9:00 (ACI Stampa).
“Che tipo di ricostruzione vogliamo fare? Dove vogliamo andare? Vogliamo fare solo una ricostruzione strutturale, o vogliamo ricostruire il territorio nella sua interezza?”. Questi gli interrogativi che hanno introdotto l’intervento di mons. Francesco Massara, arcivescovo della diocesi di Camerino-San Severino Marche, a conclusione del convegno nazionale Anci, in occasione del quinto anniversario del sisma del 2016 per fare un bilancio tra i 130 sindaci del cratere.
Per l’arcivescovo non è sufficiente ricostruire solo le case: “Se la ricostruzione strutturale non viene accompagnata da un sostegno alle attività produttive e da una ricostruzione del tessuto sociale rischiamo di vederne il fallimento. Avremo solo case e chiese vuote che nessuno vivrà. E questi aspetti debbono pertanto essere portati avanti insieme altrimenti rischiamo di curare un unico aspetto della ricostruzione e questo territorio intanto rischia di morire. La verità è che ogni giorno la nostra gente non ne può più. Non ne può più di aspettare”.
A lui abbiamo chiesto di raccontarci la situazione post-sismica nell’arcidiocesi: “La ringrazio molto per questa domanda perché, del nostro territorio, a livello nazionale non si parla più se non in occasione degli anniversari del terremoto che diventano manifestazioni sempre più tristi ed insignificanti di un evento che si sta allontanando nel tempo, ma le cui conseguenze sono ancora sulla pelle delle nostre comunità. E’ vero che i nostri paesi, grazie a Dio, non hanno dovuto piangere vittime a causa dell’evento sismico, ma le conseguenze psicologiche che si sono manifestate a lungo termine hanno provocato oltre 25 suicidi, un aumento esponenziale (oltre il 70%) dell’uso di psicofarmaci ed ansiolitici, e l’incremento di decessi tra la popolazione anziana che, privata dei luoghi nativi e delle proprie case, si è lasciata andare alla depressione e alla morte.
La nostra situazione è ancora di emergenza, perché la ricostruzione tarda ad avviarsi e ciò che sta iniziando avanza con passo lentissimo, frenato da procedimenti farraginosi che rallentano l’avvio delle operazioni. Ci troviamo ingabbiati in una serie di procedure burocratiche che dilatano il ritardo già accumulato e ci fanno precipitare in estenuanti ed inutili rimpalli tra i vari uffici preposti.
Avvertiamo, sempre più fortemente, l’esigenza di cogliere questa complessità con uno sguardo d’insieme e di coordinare tutti i vari passaggi attraverso un’unica ‘cabina di regia’, altrimenti la ricostruzione resterà una parola vuota”.