Da una testo solo sul tema della responsabilità dei cristiani di fronte alla Shoah si arrivò al rapporto con altri gruppi religiosi, in particolare ai musulmani. E “a cinquant’anni di distanza, rileggere questo documento e constatare che non ha perso nulla della sua attualità” è significativo tanto che “pochi decreti del concilio risultano altrettanto opportuni nel doloroso momento storico che ci troviamo a vivere. Questo testo conferisce ai cattolici un ruolo particolare di attori della riconciliazione nell’attuale situazione internazionale.” Per il cardinale “la Nostra aetate ha esortato i cristiani ad andare incontro agli altri credenti avendo chiara la propria identità e con uno spirito di rispetto, stima e collaborazione”. E “in questi tempi- ha detto Tauran-per tanti motivi bui e difficili, sono convinto che lo scopo del dialogo tra le religioni è quello di fare un percorso comune “verso la verità”. Un percorso che deve tener conto dell’identità di chi dialoga: non si può dialogare nell’ambiguità; dell’attenzione all’altro: chi prega e pensa in maniera diversa dalla mia non è un nemico; e della sincerità delle intenzioni reciproche.”
Nel saluto iniziale il rettore della Università Gregoriana, Padre Dumortier ha detto che “commemorare il cinquantesimo di quella pietra miliare che è stata e rimane Nostra Aetate non significa soltanto riferirsi a un testo, ma provare la sua pertinenza e la sua rilevanza per l’oggi. In questo senso, commemorare significa camminare – un camminare su vie già aperte, passo dopo passo, e camminare in avanti.” Ed ha aggiunto che “l’apertura all’altro e il dialogo, la volontà di pace e il rispetto dei diritti di tutti hanno un prezzo da pagare: l’umiltà, la benevolenza e la carità che ci pongono sulle difficili frontiere dove si gioca una speranza che vuole essere una bussola e una luce per tutti noi. Senza questa speranza, la società perde la sua anima. Oggi, in alcune società, ci sono tentativi di eclissare il ruolo delle religioni e delle spiritualità della vita pubblica; in altre società si svolgono inaccettabili violenze in nome di Dio. Queste situazioni richiedono un impegno nuovo da parte di coloro che sono spinti da una vera, profonda e intensa ricerca spirituale, per vivere un dialogo autentico come forza di pace e di amicizia.”
Nella sessione inaugurale è stato anche presentato un film “The Leaven of good”, “Fermenti di bene” che prende il titolo da una espressione utilizzata da Papa Francesco durante l’Angelus del 1° febbraio di quest’anno. Il film è diviso in tre parti ha detto Padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, Segretario Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso,
la prima tratta della genesi della Nostra aetate e del periodo conciliare; la seconda affronta i 50 anni di storia attraverso gli eventi e le riflessioni; la terza parla dell’attualità e delle necessità del futuro.
Nella seconda giornata si sono alternati molti relatori di varie religioni su temi come il dialogo , l’impegno per la pace, la sfida della libertà religiosa, la trasmissione dei valori, con tavole rotonde tematiche.
Ebrei, musulmani, buddisti, cristiani per ribadire la necessità di quel testo e la sua attualità in un mondo che sembra ancora ben lontano dal comprendere che la religione non è compatibile con la violenza e che il dialogo è frutto della ricerca della verità e del bene comune.
Questa mattina sarà il Papa a ricevere tutti i partecipanti in una udienza straordinaria, poi le conclusioni in serata con l’intervento del Segretario di Stato il cardinale Pietro Parolin.
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