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Letture, quel crocefisso di legno che galleggia sull'alluvione del Po

La chiesa a Lama Polesine e il Cristo alluvionato

Il Cristo alluvionato di Lama Polesine |  | pd Il Cristo alluvionato di Lama Polesine | | pd

Emerge dalle acque come un povero relitto ma agli occhi di chi lo  vede e lo porta in salvo appare subito come un segno di speranza e di fiducia: un uomo che vaga su una barca nella sera lungo la distesa d’acqua che ricopre campi, paesi, case, intravede una forma indefinita sull’acqua ancorata ad un albero, ma non si ferma, perché la notte avanza e teme di non trovare la via del ritorno.

Quella notte, una notte del novembre 1951, cinquant’anni fa. E’ una delle tante, tragiche notti dell’alluvione del Polesine. Il pescatore che ha vagato tutto il giorno sulla barca non riesce a dormire, tra le tante immagini tristi che ha davanti agli occhi, c’è quella dell’’oggetto che galleggia nell’acqua, così di primo mattino parte con la barca per cercarlo.  Lo ritrova e si accorge che si tratta di un crocefisso in legno impigliato nella chioma di un pioppo: lo pesca  tutto emozionato, lo porta a casa, lo lava dai detriti e dal fango ed al mattino dopo lo porta al parroco di Lama  Polesine. Il quale scoppia a piangere davanti a quel Crocifisso ed esclama: “Cristo è venuto fra noi per aiutarci”. Lo riconsegna a Duilio Braghin – questo il nome del “salvatore” del crocifisso - perché lo conservi a casa sua per il periodo dell’alluvione; in chiesa non si può perché si trova nella parte più bassa del paese completamente sommersa dall’acqua.

Intanto il parroco diventa don  Ferdinando Altafini che, dopo varie e vane ricerche per trovare l’eventuale  il proprietario del crocefisso, dice che quello è un segno di Dio che chiede  di costruire una casa per Lui.

Tutto il paese si mobilita e chiede aiuto all’Italia e al mondo. Appelli che portano frutto: in poco tempo arrivano  offerte da nomi noti come il “Sindaco Santo” di Firenze Giorgio la Pira e da papa Giovanni, dal presidente della Repubblica, alla regina d’Inghilterra, divi del cinema, banche, associazioni di artigiani, contadini, industriali.  Così nasce la chiesa a Lama Polesine (o meglio il Tempio)  che conserva il Cristo alluvionato e la devozione che ne sorta.

 Questa storia straordinaria  torna alla ribalta in questo periodo in cui si commemora il tempo e gli avvenimenti di quel tragico momento. Giorni e giorni di  piogge ininterrotte, il fiume Po è il sorvegliato speciale,  ma anche  canali e scoli, che sono pieni di acqua; gli argini fragili e melmosi franano in più punti e la paura monta sempre più. Il 14 novembre del 1951, raccontano le testimonianze,  ecco avanzare con un ruggito rabbioso dai campi la marea nera e melmosa; in un attimo tutto viene travolto e sommerso e alla fine quello che rimane è  una infinita distesa di fango e di acqua sporca, dalla quale emergono solo le cime degli alberi, fra pianti, urla disperate, richiami che sembrano perdersi nel nulla. L’incubo non è certo finito, anzi è appena iniziato. Però quel Cristo di legno, sperso nella melma, sembra dire: non siete soli, Io sono qui, con voi. Si moltiplicano i piccolo gesti di amore, di speranza. Si rivede la luce.

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Il Cristo di fattura lignea, che appare tipica degli scultori altoatesina in legno di pero, un anno fa è stato restaurato dal restauratore Gianni Zanazzi, restauro che autorizza a ipotizzare che l’opera risale probabilmente al 1650/1700. All’interno della chiesa dedicata è stato allestito un piccolo museo con la storia del Cristo visitabile al pubblico. Proprio domani, giorno in cui si ricorda l’anniversario dell’alluvione, sarà celebrata nel Tempio del Cristo una messa solenne alle ore 17,  da Dom Cristofer Zialiskj della Madonna del Pilastrello di Lendinara, anche per presentare  e “festeggiare” il Cristo restaurato.

 

Come non ricordare, poi, i nove i racconti di “Mondo piccolo” nei quali Giovannino Guareschi scrive di alluvioni. Il più conosciuto è quello che ha  ispirato la conclusione del film “Il ritorno di don Camillo”: il racconto di come la gente avesse vissuto l’alluvione disastrosa del  1951. Scrive Guareschi: “Don Camillo aveva lavorato fino alle tre di notte a portare al primo piano e in solaio tutta la roba del piano terreno. Era solo e aveva faticato come un maledetto. Alla fine si era buttato sul letto, cadendo in un sonno di ghisa. Si svegliò  alle nove e mezzo quando sentì urlare quelli che scappavano. Ben  presto non sentì più nessun rumore e allora sì alzò e si affacciò alla finestra a guardare il sagrato deserto. Scese perché voleva vedere cosa fosse successo, ed entrato nel campanile salì su fino in cima. Di lassù si vedeva tutto benissimo: l’acqua aveva già invaso la parte bassa del paese e lentamente avanzava”.

 

Quest’anno è stata allestita una importante mostra a Rovigo, che rievoca la tragedia, ma anche lo spirito e la forza della popolazione delle terre colpite, che hanno saputo rialzarsi e ridare vita al loro mondo e alla sua economia, che poi ha conosciuto una stagione di ripresa e di slancio. Anche grazie alla radici della loro storia, radici che affondano profonde nella fede. 

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La mostra si intitola “Settanta anni dopo. La grande alluvione’. 14 novembre 1951, 14 novembre 2021”, a cura di Francesco Jori, con Alessia Vedova e Sergio Campagnolo, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e di Rovigo, aperta fino al 30 gennaio. Jori ha anche pubblicato un saggio dal titolo “I giorni del diluvio”  dedicato a quei giorni di morte e di distruzione,  ma anche di come il Polesine nel tempo è rinato, scrollandosi di dosso l'etichetta di Cenerentola del Veneto.

L’allestimento della mostra , grazie a foto, reperti, testimonianze, video, racconta quei tragici eventi in  una sorta di parallelismo tra alluvione e pandemia, tra la ricostruzione dopo il devastante passaggio delle acque che spazzarono via una terra e la sua gente e la tragedia arrivata con un virus, il Covid 19, che ha segnato per sempre in questo caso il mondo.  Un progetto che è stato premiato con una grande partecipazione di pubblico fin dai primi giorni di apertura.

 

Francesco Jori, I giorni del diluvio, pp.270, Biblioteca dell’Immagine, euro 14

 

Giovanni Guareschi, Mondo Piccolo, Rizzoli editore