Roma , giovedì, 11. novembre, 2021 9:00 (ACI Stampa).
Vittorio Trancanelli, le mani di Dio nella sala operatoria. Una professione che è vocazione. Uomo di profonda fede cattolica, medico che non si risparmia mai anche nella malattia, divenendo così testimone di come vivere Cristo vivo anche sulla Croce.
Nella sofferenza dei pazienti cercherà di essere soprattutto carezza di Misericordia, di bontà del Signore anche nella prova. Una carezza che - assieme alla moglie Lia Sabatini e ad altre cinque famiglie - estenderà anche ai bambini accolti nell’associazione “Alle Querce di Mamre” che continua, ancora oggi, il progetto di Vittorio: cinque famiglie aperte all’accoglienza di donne e bambini in difficoltà provenienti da tutte le parti del mondo, senza nessuna distinzione di cultura e di religione. Una personalità affascinante quella di Trancanelli, legata all’Ospedale di Santa Maria della Misericordia di Perugia, luogo dove ha condotto la sua missione.
Aci Stampa, per conoscere meglio la sua figura, ha chiesto al postulatore della causa di canonizzazione, il dottor Enrico Graziano Giovanni Solinas, di raccontarci la vita di questo dottore conosciuto già da tutti come “il santo in sala operatoria”.
Dottor Solinas, quali sono le tappe fondamentali della biografia di Vittorio Trancanelli?
Vittorio nasce a Spello, dove la famiglia si era rifugiata a causa della guerra. Nasce il 26 aprile del 1944. Da Spello, poi si trasferirà a Petrignano d’Assisi, comune vicino Perugia, dove compie i suoi studi fino alla maturità ad Assisi presso il Liceo Classico “Properzio”. Si laurea, brillantemente, in Medicina e Chirurgia all’Università di Perugia. A ventuno anni si sposa con Lia Sabatini che aveva conosciuto anni prima, l’amore della sua vita. I due giovani si trasferiscono a Perugia e nel 1976, un mese prima della nascita di Diego, unico figlio naturale, Vittorio si ammala gravemente di colite ulcerosa con peritonite diffusa e si salva per puro miracolo. Ma da quell’operazione rimarrà segnato per sempre, dovendo da allora e fino alla morte, portare una ileostomia. Solo sua moglie Lia e alcuni colleghi medici erano a conoscenza di tale “sacrificio” che Vittorio porta sempre senza mai lamentarsi. Vittorio lo definirà “la sua spina nella carne”. Dopo un anno Vittorio guarisce e riprende a lavorare in maniera sempre più serrata. Negli anni ‘80, nasce grazie ai due coniugi, l’associazione che chiamerà “Alle Querce di Mamre” per l’accoglienza di donne e bambini in gravi difficoltà. Dopo un periodo di fervido impegno professionale è colpito di nuovo da una grave malattia che lo porterà alla morte il 24 giugno 1998.